Offese ad amministratore giudiziario della società? Licenziato

Pubblicato il 15 gennaio 2021

Confermato il licenziamento disciplinare irrogato ad una lavoratrice a cui era stato contestato di aver proferito frasi offensive e minacciose nei confronti dell'amministratore giudiziario della società datrice di lavoro, una Srl in amministrazione giudiziaria.

La Corte territoriale aveva ritenuto che la relazione sui fatti redatta dall'amministratore giudiziario, provenendo da pubblico ufficiale, facesse piena prova di quanto avvenuto in sua presenza, rimanendo irrilevante l'assenza di terzietà rispetto la società rappresentata.

Sulla base dell’espletata prova testimoniale, inoltre, era stata ritenuta provata la mancanza addebitata alla prestatrice e la sua gravità e, conseguentemente, la proporzionalità della sanzione alla stessa irrogata.

Episodio grave, recesso proporzionato

Con sentenza n. 553 del 14 gennaio 2021, la Corte di cassazione ha confermato la legittimità del licenziamento in esame, respingendo tutti i motivi di impugnazione sollevati dalla lavoratrice.

Tra le altre doglianze, la ricorrente aveva dedotto l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in quanto, a suo dire, la Corte territoriale aveva limitato la propria valutazione alla condotta addebitata in sé senza considerare le ragioni e, in particolare, l’illegittimo provvedimento datoriale di collocamento forzoso in ferie che avevano determinato la sua reazione.

Il Supremo Collegio, tuttavia, ha valutato come globalmente inammissibile l’impugnazione promossa, in quanto inidonea a contrastare efficacemente la ratio decidendi della pronuncia resa dalla Corte d'Appello.

La decisione di merito - hanno precisato gli Ermellini - si era espressa nel senso della legittimità del recesso intimato alla ricorrente e ciò non in considerazione della peculiare efficacia probatoria riconosciuta alle dichiarazioni del soggetto che aveva posto in essere quell'atto, a motivo della fede privilegiata dovuta al suo ruolo, bensì sulla base del rilievo per cui anche gli esiti dell'istruttoria orale avevano confermato l'episodio nei suoi contenuti essenziali e, comunque, in tutta la sua gravità.

Secondo la Cassazione, i giudici di merito avevano operato una puntuale e logicamente inappuntabile analisi della prova testimoniale e dei fatti nella loro materialità.

La valutazione della rilevanza di questi elementi, ciò posto, era da ritenersi ampia e corretta anche sotto il profilo della comparazione tra la tra la valenza del comportamento inadempiente addebitabile alla ricorrente, apprezzata in termini incompatibilità con la prosecuzione del rapporto, ed efficacia esimente dell'illegittimità in cui sarebbe incorsa la società datrice nella persona dell'amministratore giudiziario, che altrettanto ragionevolmente è stata ritenuta tale da non legittimare la spropositata reazione verbale cui si era lasciata andare alla ricorrente.

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