Omesse ritenute: la soglia di punibilità non si tocca

Pubblicato il 06 giugno 2015

Non può essere esteso al reato di omesso versamento delle ritenute - art. 10-bis del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74 - quanto affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 80/2014 in materia di omesso versamento dell'Iva - art. 10-ter del d.lgs. n. 74 del 2000.

Sentenza 80/2014

Nel caso della sentenza n. 80, i giudici hanno evidenziato un difetto di coordinamento tra la soglia di punibilità posta ad euro 50.000 – per il mancato versamento dell'Iva – e quelle dei delitti di infedele e omessa dichiarazione, pari, rispettivamente, ad euro 77.468,53 e ad euro 103.291,38 di imposta evasa.

In sostanza si trattava in modo peggiorativo chi avesse presentato regolarmente la dichiarazione IVA senza versare l’importo di cui si era riconosciuto debitore, rispetto a chi non avesse presentato affatto la dichiarazione, o avesse presentato una dichiarazione non veritiera, evadendo anch'esso l’imposta. Era poi intervenuto il legislatore, con il D.L. n. 138/2011, che aveva ridotto le soglie di punibilità dell’omessa e dell’infedele dichiarazione. Essendo però le modifiche in senso peggiorativo, l'applicazione era limitata ai soli fatti successivi al 17 settembre 2011.

Diversa la fattispecie del reato di omesso versamento delle ritenute

Sulla base del principio stabilito con sentenza n. 80/2014, la Corte d’appello di Milano, il Tribunale di Verona, il Tribunale di Forlì e il Gip del Tribunale di Bergamo hanno sottolineato come la stessa discriminazione deve essere rilevata per il reato dell'art. 10-ter – omesso versamento delle ritenute - strutturato in maniera identica, pena la lesione del principio di uguaglianza.

La Corte ha però dichiarato – con sentenza n. 100 del 5 giugno 2015 - non fondata la questione, osservando che l'incongruenza del sistema rilevata dalla sentenza 80/2014 con riguardo al reato di omesso versamento dell'Iva non risulta anche per il reato di omesso versamento delle ritenute.

Per i giudici della Consulta i rimettenti hanno trascurato di osservare come, a differenza della dichiarazione IVA, la dichiarazione del sostituto d’imposta, nella quale devono essere indicati i compensi erogati ai sostituiti e le ritenute operate, non rientra tra quelle rilevanti ai fini dei delitti di infedele e omessa dichiarazione, invocati come termini di paragone.

Precisa la Corte che il sostituto d'imposta che omette di versare le ritenute certificate può essere chiamato a rispondere, sul piano penale, solo del reato di cui all'art. 10-bis, indipendentemente dalle circostanze che abbia presentato la corrispondente dichiarazione e che questa sia fedele o meno.

In conclusione, deve escludersi che l'innalzamento della soglia di punibilità dell’omesso versamento dell’IVA possa avere efficacia anche nel caso dell’omesso versamento di ritenute certificate. 

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