L'eventuale negligenza del consulente contabile non può essere considerata causa diretta e prevedibile di danni psicologici gravi per il cliente. Sì al risarcimento per le maggiori imposte dovute ma no a quello per danno psicologico e lucro cessante.
Con l’ordinanza n. 1036 del 16 gennaio 2025, la Corte di Cassazione si è occupata di una controversia in cui il ricorrente aveva chiesto il risarcimento di danni patrimoniali e non patrimoniali causati dall’inadempimento di un consulente contabile.
La vicenda originava da omissioni fiscali risalenti al 2009, che avevano portato a sanzioni erariali.
La ricorrente sosteneva che tali omissioni avessero avuto conseguenze psicologiche gravi, portandola a sviluppare una grave patologia ansioso-depressiva (shock tributario) e determinando la chiusura della propria attività lavorativa.
In primo grado, il Tribunale aveva riconosciuto un risarcimento limitato alle maggiori imposte dovute per effetto delle omissioni accertate, ma aveva escluso il risarcimento per il danno psicologico e il lucro cessante. Il giudice aveva considerato che non vi fosse un nesso causale adeguato tra la condotta del consulente contabile e i danni lamentati. Tale decisione era stata confermata dalla Corte d’Appello, che aveva dichiarato inammissibile l’impugnazione proposta.
In Cassazione, la ricorrente aveva contestato, tra le altre cose, la mancata ammissione di una consulenza tecnica medico-legale, sostenendo che questa fosse necessaria per dimostrare il nesso causale tra l’errore professionale e i gravi danni psicologici subiti. Inoltre, aveva criticato la valutazione della prevedibilità del danno e il rigetto delle richieste di risarcimento per i danni patrimoniali e non patrimoniali.
La Corte di Cassazione, tuttavia, ha rigettato il ricorso.
Nelle sue motivazioni, ha sottolineato che, in base all’art. 1225 del codice civile, il risarcimento è circoscritto ai danni che possono essere ragionevolmente previsti al momento dell’inadempimento.
Nel caso specifico, la Corte d'appello aveva ritenuto, con adeguata motivazione, che il grave danno psicologico e il lucro cessante non rientrassero nella normale prevedibilità di un rapporto contrattuale di consulenza contabile.
Più nel dettaglio, il giudice di merito aveva ritenuto che il danno causato dall'inadempimento del professionista fosse limitato alle sanzioni patrimoniali, mentre i gravi danni psicologici e la perdita della capacità lavorativa invocati dall’attrice non rientrassero nella normale prevedibilità né fossero proporzionalmente collegabili alla condotta del consulente, poiché la vicenda non aveva avuto risvolti penali significativi.
Tale valutazione, ha precisato la Cassazione, spetta al giudice di merito e non può essere oggetto di revisione in sede di legittimità, a meno che non vi siano gravi errori di applicazione delle norme, che qui non risultavano.
La posizione della giurisprudenza
Sul punto, gli Ermellini hanno rammentato come, secondo la giurisprudenza, la prevedibilità prevista dall’art. 1225 c.c., salvo dolo del debitore, limiti la misura del risarcimento al danno prevedibile in modo astratto, secondo le regole di normale diligenza e comune esperienza applicabili alla categoria di rapporti contrattuali, indipendentemente dalle specifiche sensibilità del debitore.
La valutazione della prevedibilità "in astratto" del danno, riferita al momento in cui è sorta l'obbligazione, è una questione di fatto riservata al giudice di merito e non può essere contestata in Cassazione, purché sia adeguatamente motivata.
La Corte ha anche confermato che la decisione di non ammettere una consulenza tecnica medico-legale rientra nella discrezionalità del giudice di merito. Quest’ultimo ha il potere di valutare se una CTU sia necessaria sulla base delle allegazioni e delle prove già presentate.
In questo caso, il giudice aveva ritenuto sufficiente il materiale probatorio disponibile e aveva motivato adeguatamente la scelta.
Per quanto riguarda la valutazione delle prove, infine, la Cassazione ha richiamato il principio secondo cui il giudice può attribuire maggiore peso ad alcune evidenze piuttosto che ad altre, senza che tale scelta possa essere contestata in sede di legittimità, salvo violazioni manifeste. Nel caso in esame, la motivazione fornita dal giudice di merito era completa e coerente.
In definitiva, la Corte ha concluso che il danno lamentato dalla ricorrente non era proporzionalmente ricollegabile all’inadempimento del consulente contabile e che la valutazione della prevedibilità del danno era stata effettuata correttamente.
La Cassazione, di conseguenza, ha rigettato il ricorso e condannato la ricorrente al pagamento delle spese legali.
Sintesi del caso | Un consulente contabile aveva omesso di inserire correttamente dati fiscali nella dichiarazione del 2009, causando sanzioni erariali al cliente. Il ricorrente attribuiva all’inadempimento gravi danni psicologici e patrimoniali. |
Questione dibattuta | Se l’inadempimento del consulente fosse causa diretta e prevedibile di gravi danni psicologici (patologia ansioso-depressiva) e patrimoniali (lucro cessante) subiti dal cliente. |
Soluzione della Corte di Cassazione | La Corte ha rigettato il ricorso, affermando che i gravi danni psicologici e patrimoniali non erano prevedibili in modo normale e proporzionato al momento dell’inadempimento. Inoltre, ha confermato che la consulenza tecnica medico-legale non fosse necessaria. |
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