Pace fiscale. Si chiude con la rinuncia al giudizio

Pubblicato il 17 marzo 2022

Con l’accoglimento del ricorso presentato dall’Agenzia delle Entrate la Corte di cassazione ha affermato che l’estinzione del giudizio riguardante la definizione delle liti non avviene con la sola presentazione dell’istanza di definizione e la comunicazione del riscossore dell’importo dovuto.

Definizione delle liti tributarie pendenti

Il legislatore ha previsto la possibilità di estinguere i giudizi fiscali pendenti attraverso il pagamento del debito, escluse le sanzioni ed interessi di mora. Il debitore deve manifestare la volontà di avvalersi della sanatoria con apposita dichiarazione, dove indica le rate con cui intende definire la questione.

Nella disciplina emanata è espressa la previsione per i casi di inadempienza: in caso di mancato ovvero di insufficiente o tardivo versamento dell'unica rata ovvero di una rata di quelle in cui è stato dilazionato il pagamento delle somme, la definizione non produce effetti e riprendono a decorrere i termini di prescrizione e decadenza per il recupero dei carichi oggetto della dichiarazione.

Si aggiunge che, in tal caso, i versamenti già effettuati sono acquisiti a titolo di acconto dell’importo complessivamente dovuto a seguito dell'affidamento del carico e non determinano l'estinzione del debito residuo, di cui l'agente della riscossione prosegue l'attività di recupero e il cui pagamento non può essere rateizzato.

Pace fiscale: necessaria la rinuncia al giudizio

Dunque, il contribuente, per ritenere conclusa la procedura, è tenuto a versare l’importo dovuto ed indicato nella dichiarazione con cui esprime la volontà di avvalersi della sanatoria. Non solo, è rilevante che lo stesso si impegni a rinunciare al giudizio.

Pertanto, nell’ordinanza n. 8541 del 16 marzo 2022 viene affermato che si estingue il giudizio alle seguenti condizioni:

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