Perplessità sulla proposta di riforma del rito tributario

Pubblicato il 08 marzo 2011 La proposta di riforma della Giustizia tributaria non convince gli addetti ai lavori.

Oltre ai giudici dell'Associazione magistrati tributari (Amt) si oppone all'idea del ministero dell'Economia anche l'Associazione nazionale dei tributaristi italiani (Anti) e la stessa Daniela Gobbi, presidente del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria.

Secondo l'Anti, occorrerebbe che la riforma venisse condivisa tra tutti i soggetti interessati attraverso un percorso di “piccoli passi” di modo da trovare “le giuste convergenze”.

Per Daniela Gobbi, la proposta di riforma – creazione di una fase precontenziosa e istituzione di un unico grado di merito - sarebbe “non condivisa, né condivisibile”. Innanzitutto, il progetto non convincerebbe né nella forma con cui è stato presentato, nascendo senza l'interpello del Consiglio di presidenza “quando peraltro lo stesso legislatore, con l'articolo 24 del dlgs n. 545/92, lo prevede espressamente”, né nel merito poiché risulterebbe “improponibile” l'abolizione di un grado di giudizio dato che “il sistema giudiziario previsto dalla Costituzione si articola in due gradi di merito e uno di legittimità”. Secondo la rappresentante del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria, inoltre, l'istituto della conciliazione non sarebbe in grado di dare garanzie. In ogni caso, conclude la Gobbi, sarebbe necessario arrivare ad una revisione delle regole attuali, convocando e coinvolgendo, però, tutti i soggetti istituzionali direttamente interessati.

Unici favorevoli alla proposta del ministero sono i commercialisti: Claudio Siciliotti, presidente del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili (Cndcec) manifesta di condividere il progetto, auspicandone, altresì, una spedita approvazione. L'unico neo sarebbe la previsione dell'intervento, nel merito, di giudici solo togati.

Intanto, da una stima effettuata dal quotidiano “Il Sole 24 Ore”, emerge che l'attuazione della proposta in oggetto porterebbe ad un taglio di ben 122mila ricorsi.
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