Prestazione Universale: contratti di lavoro intestati a soggetti diversi dal beneficiario

Pubblicato il 24 novembre 2025

La Prestazione Universale istituita dal decreto legislativo 15 marzo 2024, n. 29 è stata progettata per garantire un supporto economico uniforme, semplificato e coordinato a livello nazionale per favorire la permanenza della persona nel proprio contesto di vita e di assicurare un adeguato livello di assistenza.

All’interno di questo quadro normativo, il messaggio INPS n. 3514 del 21 novembre 2025 fornisce un chiarimento operativo particolarmente rilevante riguardo alla possibilità che il rapporto di lavoro domestico, finalizzato all’assistenza del beneficiario, sia formalmente stipulato da un soggetto diverso dalla persona che percepisce la Prestazione Universale.

L’intervento dell’Istituto si inserisce in un contesto in cui numerose famiglie, amministratori di sostegno e professionisti si trovano a gestire situazioni complesse, caratterizzate da difficoltà operative nel perfezionamento dei contratti di lavoro domestico. In molti casi, infatti, il beneficiario potrebbe non essere in grado di sottoscrivere un contratto per ragioni legate all’età, alla disabilità o alla condizione di salute.

Il chiarimento fornito dall’INPS risponde quindi a un’esigenza concreta: definire se la titolarità del rapporto di lavoro debba necessariamente coincidere con il beneficiario o se possa essere assunta da un terzo, purché l’attività lavorativa sia effettivamente rivolta all’assistenza del titolare della prestazione. La finalità del messaggio è quindi duplice: semplificare le procedure e ridurre le incertezze interpretative che avrebbero potuto generare dinieghi o sospensioni dell’erogazione della quota integrativa.

Dal punto di vista applicativo, la precisazione ha un impatto significativo su famiglie e caregiver professionali, che possono ora organizzare in modo più flessibile l’attività di assistenza senza incorrere in irregolarità.

La possibilità di delegare la stipula del contratto a un familiare a un amministratore di sostegno o a un tutore risulta particolarmente rilevante nei casi in cui il beneficiario sia incapace di agire o non possa firmare autonomamente documenti di natura contrattuale. Inoltre, la previsione risulta utile anche per i professionisti del settore – come consulenti del lavoro, patronati e operatori socio-assistenziali – chiamati a supportare gli utenti nella gestione degli adempimenti connessi al rapporto di lavoro domestico. La chiarezza normativa consente infatti di impostare correttamente il contratto e di compilare la documentazione richiesta dall’INPS, riducendo il rischio di errori e contestazioni.

Per comprendere appieno la portata del chiarimento fornito dall’INPS, è necessario partire dalla struttura giuridica della Prestazione Universale delineata dal decreto legislativo 15 marzo 2024, n. 29. Gli articoli da 34 a 36 definiscono la misura, ne stabiliscono le componenti economiche e individuano le condizioni per l’erogazione. Il legislatore ha introdotto un sistema di sostegno articolato, integrato con le politiche regionali e locali, finalizzato ad assicurare assistenza continuativa alle persone con limitazioni dell’autonomia.

Gli obiettivi principali della misura possono essere sintetizzati in tre macro-aree.

  1. Semplificazione del sistema dei sostegni, attraverso un unico strumento economico uniforme nel territorio nazionale.
  2. Rafforzamento dell’assistenza domiciliare, promuovendo soluzioni che evitino il ricorso prematuro a strutture residenziali.
  3. Valorizzazione del lavoro di cura, sia esso svolto da lavoratori domestici regolarmente assunti sia da imprese qualificate nel settore dell’assistenza sociale non residenziale.

Il decreto stabilisce inoltre la necessità che l’utilizzo delle risorse sia tracciato e verificabile, con particolare attenzione alla regolarità dei rapporti di lavoro domestico e alla corrispondenza tra attività svolta e bisogni del beneficiario.

La quota integrativa “assegno di assistenza”

Tra le componenti della Prestazione Universale, la quota integrativa prevista dall’articolo 36, comma 2, lettera b), riveste un ruolo centrale. Tale quota – definita anche assegno di assistenza – è destinata a coprire i costi del lavoro di cura e assistenza resi da lavoratori domestici con mansioni di assistenza alla persona o, in alternativa, i costi dei servizi erogati da imprese qualificate nel settore dell’assistenza sociale non residenziale. Si tratta quindi di una componente finalizzata esclusivamente a remunerare l’attività di assistenza e non altre tipologie di servizi.

Finalità della quota integrativa

La finalità principale dell’assegno di assistenza è sostenere economicamente le attività indispensabili per garantire una cura adeguata al beneficiario. La misura incentiva la formalizzazione dei rapporti di lavoro domestico, favorendo la regolarità contrattuale e contributiva. Allo stesso tempo, promuove il ricorso a servizi professionali erogati da imprese accreditate, assicurando standard qualitativi elevati nell’erogazione delle prestazioni.

Requisiti normativi e rapporti di lavoro ammissibili

Per accedere alla quota integrativa, il rapporto di lavoro domestico deve rispettare determinati requisiti normativi:

Sono inoltre ammissibili i servizi acquistati presso imprese qualificate nell’assistenza sociale non residenziale, purché rientrino nelle previsioni della programmazione integrata regionale e locale.

L’INPS, attraverso il messaggio n. 949 del 18 marzo 2025, ha già chiarito che il beneficiario o chi per esso deve trasmettere entro il giorno 10 del mese successivo al trimestre di riferimento le buste paga quietanzate, precisando che tali documenti costituiscono parte essenziale dell’istruttoria e dei controlli periodici.

Richiamo all’articolo 36, comma 2, lettera b)

Il richiamo normativo contenuto nel messaggio n. 3514/2025 ribadisce la centralità dell’articolo 36, comma 2, lettera b), evidenziando come la quota integrativa sia vincolata esclusivamente a prestazioni di assistenza alla persona. È proprio in virtù di questo vincolo che l’INPS chiarisce che il rapporto di lavoro può essere intestato a un soggetto diverso dal beneficiario solo se l’attività lavorativa è effettivamente destinata all’assistenza di quest’ultimo e se il luogo della prestazione coincide con il suo domicilio. L’istituto, attraverso l’istruttoria della Struttura territoriale, verifica la coerenza tra contratto, buste paga e effettive mansioni svolte, assicurando che la quota integrativa sia correttamente utilizzata.

Possibilità di intestare il contratto a un soggetto diverso dal beneficiario

Il messaggio INPS n. 3514 del 21 novembre 2025 introduce un chiarimento operativo di particolare rilievo per tutti i soggetti coinvolti nella gestione della Prestazione Universale, con specifico riferimento alla quota integrativa destinata al lavoro di cura.

L’Istituto chiarisce che il rapporto di lavoro domestico, finalizzato all’assistenza del beneficiario, può essere formalmente intestato non solo alla persona che percepisce la prestazione, ma anche a un soggetto terzo. Si tratta di una precisazione che risponde a esigenze concrete e frequenti nella pratica, soprattutto quando il beneficiario non è in grado di assumere obbligazioni contrattuali a causa di condizioni fisiche, cognitive o giuridiche che limitano la sua capacità d’agire. Con questo intervento interpretativo, l’INPS amplia la flessibilità organizzativa del nucleo familiare e dei caregiver, pur mantenendo un quadro di controlli stringente finalizzato a garantire il corretto utilizzo delle risorse pubbliche.

Il messaggio conferma dunque che il contratto di lavoro domestico può essere stipulato da una persona diversa dal beneficiario della Prestazione Universale, purché l’attività svolta dal lavoratore sia destinata esclusivamente all’assistenza del titolare della prestazione. L’INPS, “acquisito il parere favorevole del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali”, estende formalmente la platea dei possibili intestatari del rapporto di lavoro, includendo diverse categorie di soggetti che nella pratica rivestono ruoli di supporto e tutela.

Rientrano tra i soggetti ammessi:

Questa estensione è particolarmente utile per le famiglie che si trovano a gestire situazioni di fragilità complesse. Il contratto può essere intestato, ad esempio, al figlio che coordina l’assistenza, oppure all’amministratore di sostegno quando il beneficiario è formalmente incapace di agire. La norma consente quindi di evitare rigidità procedurali che avrebbero potuto compromettere l’accesso alla quota integrativa, pur garantendo un controllo puntuale sulla destinazione effettiva del servizio.

Condizioni necessarie per il riconoscimento della prestazione

La possibilità di intestazione a un soggetto diverso dal beneficiario è subordinata al rispetto di condizioni precise. L’INPS indica tre requisiti fondamentali che devono emergere chiaramente dal contratto e dai documenti allegati. Tali condizioni sono essenziali per dimostrare che l’attività lavorativa è dedicata esclusivamente all’assistenza del beneficiario e che l’utilizzo della quota integrativa è pienamente conforme alla normativa vigente.

Coerenza delle mansioni con l’assistenza al beneficiario

Il primo requisito riguarda la natura delle mansioni. Le attività affidate al lavoratore domestico devono essere esplicitamente riconducibili all’assistenza della persona beneficiaria della Prestazione Universale. Nel contratto devono essere chiaramente indicate le mansioni relative all’assistenza personale, alla cura quotidiana e a tutte le funzioni necessarie a supportare la persona non autosufficiente. Non sono ammissibili mansioni che esulano dalla cura diretta o che risultano incompatibili con la finalità socio-assistenziale della misura.

La Struttura territoriale, nell’ambito della propria istruttoria, deve verificare che le mansioni siano coerenti con quelle previste dalla normativa e dai contratti collettivi nazionali di settore. Questa coerenza rappresenta un elemento essenziale per l’erogazione della quota integrativa.

Indirizzo di lavoro coincidente con il domicilio del beneficiario

Il secondo elemento richiesto dall’INPS riguarda il luogo in cui l’attività lavorativa viene svolta. Il messaggio specifica che “l’indirizzo di svolgimento dell’attività deve coincidere con quello del domicilio del beneficiario”. Tale requisito è fondamentale per accertare che l’assistenza sia effettivamente prestata alla persona titolare della prestazione e non a soggetti diversi.

Il domicilio rappresenta, quindi, un punto di riferimento univoco per la verifica della corretta esecuzione delle attività di cura. Questa condizione assume rilievo sia per i lavoratori conviventi sia per quelli non conviventi, in quanto dimostra la continuità e l’effettività dell’assistenza. La coincidenza degli indirizzi deve risultare in modo chiaro sia nel contratto di lavoro sia nelle buste paga quietanzate.

Coerenza tra contratto, buste paga quietanzate e attività svolta

Il terzo requisito riguarda la coerenza documentale. Il contratto di lavoro, le buste paga quietanzate e le attività indicate devono essere perfettamente allineati. Le buste paga devono riportare in modo corretto l’indirizzo di lavoro, la tipologia di mansioni, il numero di ore e tutte le informazioni necessarie a confermare che l’attività è stata svolta in favore del beneficiario.

L’INPS aveva già chiarito, come accennato,nel messaggio n. 949 del 18 marzo 2025 che le buste paga devono essere trasmesse trimestralmente, entro il giorno 10 del mese successivo al trimestre di riferimento. Nel messaggio n. 3514/2025 questo obbligo viene richiamato e rafforzato, poiché la coerenza documentale diventa un elemento decisivo per verificare l’effettiva destinazione dell’assistenza.

Documentazione e controlli

L’accesso alla quota integrativa della Prestazione Universale richiede il rispetto di precisi obblighi documentali e di controllo, definiti dall’INPS per garantire la tracciabilità, la regolarità e l’effettiva destinazione delle risorse pubbliche al lavoro di cura.

Il messaggio INPS n. 3514 del 21 novembre 2025 ribadisce tali obblighi e li collega ai chiarimenti relativi alla possibilità di intestare il contratto di lavoro a un soggetto diverso dal beneficiario. La strutturazione dei controlli risulta quindi essenziale per accertare che la prestazione lavorativa sia svolta in favore della persona che percepisce la Prestazione Universale e che l’assunzione del lavoratore domestico rispetti le condizioni previste dalla normativa.

Archivi INPS

Il primo livello di controllo riguarda la consultazione degli archivi interni dell’INPS, che costituiscono la base informativa per verificare la regolare instaurazione del rapporto di lavoro domestico.

La consultazione degli archivi permette di accertare la sussistenza del rapporto di lavoro, la data di assunzione, la tipologia di contratto, l’orario di lavoro e la posizione assicurativa del lavoratore. Queste informazioni rappresentano il fondamento di ogni fase successiva dell’istruttoria.

Regolarità contributiva

Il secondo livello di verifica riguarda la regolarità contributiva. L’INPS accerta che i contributi relativi al rapporto di lavoro domestico siano stati effettivamente versati e che non vi siano irregolarità o omissioni. La regolarità contributiva non costituisce soltanto un obbligo di legge, ma rappresenta un requisito essenziale per accedere alla quota integrativa della Prestazione Universale.

Il controllo sui contributi consente di confermare che il rapporto è effettivo, stabile e svolto secondo le regole previste dalla normativa vigente. La mancanza della contribuzione o eventuali incongruenze nei versamenti possono determinare la sospensione o il mancato riconoscimento della quota integrativa destinata al lavoro di cura.

Verifica dell’effettiva prestazione lavorativa

La terza verifica riguarda l’effettiva esecuzione delle attività di assistenza. L’INPS esamina la coerenza tra il contratto, le buste paga e le mansioni previste, accertando che il lavoratore svolga attività riconducibili all’assistenza della persona beneficiaria. In questa fase, come chiarito nel messaggio n. 3514/2025, assume particolare rilevanza l’indirizzo di lavoro indicato nei documenti, che deve corrispondere al domicilio del beneficiario.

La verifica dell’effettività della prestazione consente all’INPS di evitare utilizzi impropri della quota integrativa e di garantire che le risorse siano destinate esclusivamente al lavoro di cura richiesto dalla normativa. Questa verifica assume un ruolo centrale soprattutto quando il contratto è intestato a un soggetto terzo, poiché permette di accertare che, nonostante la diversa intestazione, la prestazione lavorativa sia resa a favore del beneficiario della misura.

Documentazione da presentare

Per completare l’istruttoria, l'INPS richiede la trasmissione puntuale di alcuni documenti fondamentali. Il messaggio n. 3514/2025 ribadisce gli obblighi già stabiliti nel messaggio n. 949/2025 e specifica che tali documenti sono indispensabili per verificare la coerenza tra contratto, attività svolta e regolarità retributiva.

Contratto di lavoro

Il contratto di lavoro rappresenta il primo documento essenziale. Deve contenere tutte le informazioni richieste dalla normativa, in particolare:

La chiarezza e la coerenza del contratto di lavoro costituiscono la base per tutte le verifiche successive.

Buste paga quietanzate del trimestre precedente

Le buste paga rappresentano il secondo elemento essenziale della documentazione. Devono essere:

Le buste paga consentono all’INPS di verificare il pagamento effettivo della retribuzione e la sua regolarità nel tempo. La firma del lavoratore costituisce un elemento di prova di particolare valore per dimostrare l’effettiva esecuzione della prestazione lavorativa.

La trasmissione delle buste paga deve avvenire entro precise scadenze trimestrali:

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