Chi ha già usufruito dell’agevolazione “prima casa” non può ottenerla nuovamente, anche se l’immobile pre-posseduto risulta inadeguato. Così la sentenza n. 24478 resa il 3 settembre 2025 dalla Corte di cassazione.
La vicenda trae origine dalla richiesta di una contribuente che, in occasione dell’acquisto di un nuovo immobile, aveva invocato l’applicazione delle agevolazioni fiscali previste per la cosiddetta “prima casa”. L’Agenzia delle Entrate, tuttavia, ha contestato la spettanza del beneficio sostenendo che la contribuente avesse già usufruito in passato della medesima agevolazione su un altro immobile, circostanza che comporta la decadenza dal diritto.
La controversia è stata inizialmente esaminata dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, che con la sentenza n. 2040/2021 ha parzialmente accolto le doglianze della contribuente. Pur riconoscendo alcune ragioni alla ricorrente, i giudici regionali hanno ritenuto legittimi gli avvisi di liquidazione impugnati, confermando la posizione dell’Amministrazione finanziaria.
A questo punto, la contribuente ha deciso di proporre ricorso per Cassazione, lamentando due profili principali:
L’Agenzia delle Entrate si è costituita in giudizio per resistere, sostenendo la correttezza della decisione già resa dalla CTR.
Nel ricorso per Cassazione, la contribuente ha sollevato innanzitutto un’eccezione di violazione di legge, contestando l’interpretazione data dai giudici di merito alle disposizioni che disciplinano l’agevolazione “prima casa”.
Secondo la sua prospettazione, non sarebbe corretto ritenere automaticamente precluso il beneficio in presenza di un precedente utilizzo della stessa agevolazione. La contribuente ha infatti sostenuto che l’immobile (composto da una sola camera da letto di 12 metri quadrati e un soggiorno di 18 metri quadrati) acquistato in passato non fosse idoneo a soddisfare le esigenze abitative della propria famiglia (nel frattempo erano nati due gemelli) e che, pertanto, la nuova acquisizione dovesse considerarsi come una vera e propria “prima casa” dal punto di vista sostanziale.
In altre parole, l’argomento difensivo mirava a valorizzare l’idoneità concreta dell’immobile a costituire abitazione principale, piuttosto che il mero dato formale dell’avvenuta fruizione del beneficio.
La tesi della contribuente, dunque, si fondava sull’idea che la normativa sulle agevolazioni fiscali dovesse essere interpretata in modo elastico e teleologico, tenendo conto della funzione sociale della norma e non limitandosi a una lettura strettamente letterale.
In via subordinata, la contribuente ha fondato il ricorso anche sul presunto vizio di motivazione della sentenza della CTR.
A suo modo di vedere, i giudici di secondo grado avrebbero omesso di illustrare in maniera adeguata e articolata le ragioni che li avevano portati a confermare la legittimità degli avvisi di liquidazione.
Tale mancanza, a suo dire, avrebbe determinato la nullità della sentenza, poiché priva di un supporto logico e argomentativo sufficiente a garantire la comprensione della decisione.
La Corte di Cassazione, con sentenza n. 24478 del 3 settembre 2025, ha dichiarato il primo motivo di ricorso infondato, muovendo da una considerazione centrale:
In particolare, la normativa stabilisce che non può accedere al beneficio chi sia già titolare, anche solo in parte, di diritti reali su un altro immobile acquistato con le stesse agevolazioni. Non è quindi rilevante che l’abitazione già posseduta sia più piccola, meno funzionale o, come nel caso della contribuente, ritenuta inadeguata alle esigenze abitative. L’unico elemento che conta è l’aver già fruito in passato del vantaggio fiscale, circostanza che preclude automaticamente una nuova concessione.
La Cassazione ha inoltre richiamato la sentenza n. 2565 del 2 febbraio 2018, che è una delle pronunce chiave per chiarire in modo netto i limiti alla possibilità di richiedere più volte l’agevolazione “prima casa”.
In quell’occasione, la Corte ha stabilito che:
Con riferimento al vizio di motivazione, la Corte di cassazione ha ritenuto questa doglianza infondata.
Ha ricordato che l’ordinamento riconosce la nullità della sentenza soltanto nei casi di mancanza assoluta di motivazione o quando la stessa sia affetta da contraddizioni tali da renderla incomprensibile. Non è invece sufficiente che la parte ritenga la motivazione sintetica, scarna o non condivisibile: è necessario che manchi del tutto l’apparato logico-giuridico a sostegno della pronuncia.
Nel caso concreto, la CTR aveva fornito un’argomentazione lineare e coerente, spiegando perché l’agevolazione “prima casa” non fosse applicabile.
Pertanto, la motivazione non poteva dirsi né inesistente né contraddittoria, ma anzi risultava idonea a fondare la decisione. Di conseguenza, anche il secondo motivo di ricorso è stato respinto.
Ai sensi dell'individuazione delle modalità semplificate per l'informativa e l'acquisizione del consenso per l'uso dei dati personali - Regolamento (UE) n.2016/679 (GDPR)
Questo sito non utilizza alcun cookie di profilazione. Sono invece utilizzati cookie di terze parti legati alla presenza dei "social plugin".