Va escluso che la traduzione in lingua italiana della procura speciale alle liti integri un requisito di validità dell’atto.
Le Sezioni Unite civili della Cassazione, con la sentenza n. 17876 del 2 luglio 2025, si sono espresse sulla validità della procura alle liti redatta in lingua straniera.
La Corte ha precisato che tale atto è ammissibile nel processo civile italiano anche in assenza di traduzione in lingua italiana, purché siano rispettate alcune condizioni di comprensibilità e non vi siano contestazioni sul contenuto.
La Suprema Corte ha spiegato che l’obbligo di redigere gli atti processuali in lingua italiana, previsto dall’articolo 122, primo comma, del Codice di procedura civile, si riferisce agli atti che si formano “nel e per il processo”.
Non riguarda invece gli atti prodromici, ovvero quegli atti che precedono l’instaurazione del processo ma sono finalizzati a consentirne l’avvio.
Tra questi si includono, ad esempio, la procura alle liti, la nomina del rappresentante processuale e le autorizzazioni a stare in giudizio con le relative certificazioni.
Tali atti, anche se redatti in una lingua diversa dall’italiano, possono quindi essere considerati validi.
Nella decisione, si chiarisce che nel caso in cui venga depositato un atto prodromico in lingua straniera, il giudice può, ma non è tenuto a, disporne la traduzione.
La facoltà di nominare un traduttore è subordinata alla concreta necessità: il giudice può farne a meno se è in grado di comprendere autonomamente il contenuto del documento, oppure se l’atto è accompagnato da una traduzione giurata che non viene contestata dalle parti. In presenza di queste condizioni, non sussiste alcun obbligo di traduzione.
Secondo le Sezioni Unite, in definitiva, la mancanza della traduzione in lingua italiana non determina la nullità dell’atto prodromico, come la procura alle liti.
Non essendovi una previsione normativa che imponga la traduzione come condizione di validità, l’atto deve ritenersi efficace purché idoneo a raggiungere lo scopo per cui è stato predisposto.
La stessa esclusione della nullità è coerente con il principio di tassatività delle cause di invalidità stabilito dall’articolo 156, primo comma, del Codice di procedura civile. Inoltre, la categoria dell’inutilizzabilità non è applicabile in assenza di una base normativa specifica.
Di seguito il principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite:
"In materia di atti prodromici al processo, quale, nella specie, la procura speciale alle liti, la traduzione in lingua italiana di quest’ultima e dell’attività certificativa, sia nelle ipotesi di legalizzazione, sia ai sensi della Convenzione dell’Aja del 5 ottobre 1961, sia ai sensi della Convenzione di Bruxelles del 25 maggio 1987, non integra un requisito di validità dell’atto, sicché la sua carenza non dà luogo ad alcuna nullità.Ai sensi degli articoli 122 e 123 cod. proc. civ., la lingua italiana è obbligatoria per gli atti processuali in senso proprio e non anche per gli atti prodromici al processo (quali, in particolare, gli atti di conferimento di poteri a soggetti processuali: procura alle liti, nomina di rappresentanti processuali, autorizzazioni a stare in giudizio e correlative certificazioni), che, se redatti in lingua straniera, devono pertanto ritenersi prodotti validamente, avendo il giudice la facoltà, ma non l’obbligo, di procedere alla nomina di un traduttore, del quale può fare a meno allorché sia in grado di comprendere il significato degli stessi documenti o qualora non vi siano contestazioni sul loro contenuto o sulla loro traduzione giurata allegata dalla parte".
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