Redditometro: strumento rinnovato o accorpato?

Pubblicato il 24 settembre 2010 Le categorie che si troveranno a fare i conti col nuovo redditometro - commercialisti e consulenti del lavoro ma anche avvocati tributaristi - sollevano la questione che potrebbe non essere come ci si aspettava, ossia un’evoluzione del vecchio, tanto apprezzato e ritenuto un valido strumento per la lotta all’evasione.

Secondo le notizie sul tema, fornite dall’agenzia delle Entrate, il nuovo strumento accoglierà logiche assimilabili a quelle di uno studio di settore per privati, come sostiene Enrico Zanetti, coordinatore dell’Ufficio studi del Cndcec, "nell'istante in cui si esce dall'accertamento basato sull'effettivo comportamento del contribuente e si entra nel mondo della valorizzazione di criteri statistici e di normalità socio-economica”. Anche il presidente del Cndcec, Siciliotti, evidenzia come “alle spese, in qualche maniera, rintracciabili, se ne vorrebbero aggiungere altre presumibili in base a fattori come la città in cui il contribuente vive, il nucleo familiare ovvero la asserita voluttuosità di certe tipologie di uscite”.

Dunque, il nuovo redditometro risulterebbe una combinazione tra accertamento sintetico, poiché mantiene l’inversione dell'onere della prova e tiene conto discrepanze fra tenore di vita e reddito dichiarato, e studio di settore con la presunzione anche statistica basata sulla "normalità" delle situazioni.

Anche dal versante consulenti del lavoro si obietta, per voce del responsabile del settore economia del Consiglio nazionale dei consulenti del lavoro, Pietro Panzetta, che avrebbe dovuto esservi un confronto preventivo con le categorie da parte dell'Agenzia, per evitare un'applicazione troppo pervasiva del redditometro. È possibile che se ne faccia un uso improprio rischiando “di innescare moltiplicatori che determinano per chi guadagna 10, magari, una spesa di 200”.
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