Reimpiego di capitali illeciti anche senza dissimulazione

Pubblicato il 18 settembre 2015

Ai fini della configurazione del reato di impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita di cui all’articolo 648 ter del Codice penale, non è necessario che la condotta di reimpiego abbia la concreta idoneità dissimulatoria.

A tal fine, infatti, è sufficiente la idoneità dell’azione all’inquinamento del mercato attraverso la consapevole immissione nel circuito economico di beni di provenienza illecita.

E’ questa l’interpretazione che la Corte di cassazione, Seconda sezione penale, ha inteso privilegiare nel testo della sentenza n. 37678, depositata il 17 settembre 2015 e pronunciata con riferimento alla fattispecie plurioffensiva di reimpiego di beni di provenienza illecita.

Tale scelta ermeneutica – spiega la Corte - si fonda nella individuazione del principale bene protetto dalla fattispecie nella tutela dell’ordine economico, ordine che deve essere preservato da ogni attività che inquina il fisiologico sviluppo delle fisiologiche dinamiche economiche.

Nel caso specificamente esaminato, i giudici di legittimità hanno respinto il ricorso avanzato da alcuni imputati, coinvolti in un processo penale per i reati, tra gli altri, di associazione per delinquere e riciclaggio, contro l’ordinanza di sequestro preventivo di conti correnti, libretti di deposito, titoli e quote di fondi comuni per un ammontare di poco meno di un milione di euro.

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