Responsabilità società ex 231 da dichiarazione fraudolenta, sì al sequestro

Pubblicato il 29 aprile 2022

Rigettato, dalla Cassazione, il ricorso avanzato da una Spa contro il sequestro preventivo emesso nei suoi confronti nell'ambito di un'indagine penale in cui la compagine era incolpata di illecito amministrativo dipendente dal reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.

Secondo l'ipotesi accusatoria, i soggetti apicali della Spa avevano posto in essere il predetto illecito penale nell'interesse e a vantaggio della società, procurando alla stessa un vantaggio patrimoniale per oltre 10milini di euro.

Al presidente del Cda e al consigliere delegato, in particolare, era contestato di essersi avvalsi, al fine di evadere l'IVA, di fatture per operazioni giuridicamente inesistenti, simulando contratti di appalto al posto di contratti di somministrazione di manodopera, e di avere indicato, nelle dichiarazioni Iva della Spa relativi a diverse annualità, elementi passivi fittizi per un ammontare particolarmente cospicuo.

Tale era l'ipotizzato reato presupposto che aveva fondato la responsabilità ex D. Lgs n. 231/2001 della persona giuridica.

Dichiarazione fraudolenta: reato presupposto responsabilità ex 231

Con sentenza n. 16302 del 28 aprile 2022, la Cassazione ha giudicato infondati i rilievi mossi dalla società contro la decisione confermativa del sequestro, ritenendo che, nella specie, ricorressero tutti i presupposti fattuali e giudici della ipotizzata responsabilità della Spa ricorrente ai sensi dell'art. 25-quinquiesdecies del richiamato decreto 231.

Secondo gli Ermellini, il percorso argomentativo seguito dal Tribunale cautelare era stato "esemplare" per tecnica espositiva, impostazione sistematica delle questioni e contenuto della pronuncia, avendo i giudici della cautela affrontato con attenzione le doglianze sottoposte al loro vaglio mediante la precisa e diffusa indicazione delle ragioni per le quali avevano poi ritenuto di confermare il decreto di sequestro.

Il tutto, sulla base delle risultanze istruttorie che, valutate nel loro complesso, annoveravano:

Ciò che era emerso, secondo il convincimento espresso dal Tribunale cautelare, era l'adozione di un meccanismo congegnato per fruire dei vantaggi sostanziali di un rapporto di lavoro subordinato senza assumersene gli oneri e con un costo del lavoro ridotto.

Con particolare riferimento alla sussistenza del fumus criminis, la Corte ha osservato che gli elementi di prova utilizzati dai giudici cautelari deponevano inequivocabilmente, in presenza di un'adeguata e logica motivazione, nel senso di ritenere la pacifica fittizietà del contratto di appalto formalmente stipulato, al solo fine di coprire un reale contratto di somministrazione illecita di manodopera.

Tale fraudolenta operazione aveva comportato, da un lato, l'applicazione di tariffe "fuori mercato" e, dall'altro, la possibilità per la committente di ricorrere alla forza lavoro con vantaggi in tema di flessibilità di gestione e costi, nonché di utilizzare le fatture emesse ai fini Iva, realizzando un'operazione riconducibile anche alla fattispecie dell'utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, consentendo la realizzazione di un'evasione dell'imposta sul valore aggiunto.

Di fatto, l'inesistenza soggettiva delle fatture, comportando l'indetraibilità dell'Iva esposta in dichiarazione, era elemento integrante, tra gli altri, della fattispecie delittuosa ex art. 2 del D. Lgs. n. 74/2000, quale reato presupposto dell'incolpazione ex decreto 231, atteso che - si rammenta - anche i reati tributari sono ricompresi nella lista dei reati presupposto della responsabilità amministrativa degli enti.

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