Con la risoluzione n. 50 del 3 ottobre 2025, l’Agenzia delle Entrate ha fornito importanti chiarimenti in merito all’applicazione dell’articolo 30-ter del DPR 26 ottobre 1972, n. 633 (Decreto IVA), che disciplina la restituzione dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) non dovuta.
Il documento risponde alle numerose richieste di chiarimenti pervenute agli uffici, soprattutto in relazione alle ipotesi in cui, a seguito di accertamento definitivo, sia stata riscontrata l’applicazione indebita dell’imposta su cessioni di beni o prestazioni di servizi.
L’articolo 30-ter del Decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 (Decreto IVA), introdotto dall’articolo 8 della Legge 20 novembre 2017, n. 167 (Legge Europea 2017), ha istituito un sistema organico per la restituzione dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) non dovuta.
La disposizione si applica in tutte le ipotesi in cui l’imposta sia stata versata in assenza del presupposto impositivo o erroneamente applicata a operazioni di cessione di beni o prestazione di servizi.
L’obiettivo della norma è duplice:
In tal modo, l’articolo 30-ter si colloca come strumento di equilibrio tra la tutela dell’Erario e la garanzia del corretto funzionamento del meccanismo di detrazione e rivalsa che caratterizza il sistema IVA.
Il comma 1 dell’articolo 30-ter prevede che il soggetto passivo possa presentare domanda di restituzione dell’imposta non dovuta entro due anni:
Il comma 2 disciplina, invece, il caso in cui l’applicazione dell’IVA non dovuta sia stata accertata in via definitiva dall’Amministrazione finanziaria.
In tale ipotesi, la domanda di rimborso può essere presentata dal cedente o prestatore entro due anni dall’avvenuta restituzione al cessionario o committente dell’importo addebitato a titolo di rivalsa.
ATTENZIONE! È quindi necessario che:
Solo in presenza di entrambe queste condizioni è possibile ottenere la restituzione dell’imposta versata.
Il comma 3 dello stesso articolo 30-ter dispone che la restituzione dell’imposta è esclusa qualora il versamento sia avvenuto in un contesto di frode fiscale.
L’Agenzia sottolinea che l’accertamento della frode comporta automaticamente l’inammissibilità della richiesta di rimborso, anche se il contribuente abbia successivamente restituito l’importo al cliente.
Il principio è volto a tutelare l’Erario e a garantire l’integrità del sistema impositivo.
Per illustrare il principio, la risoluzione n. 50/E richiama il caso in cui un contratto di appalto di servizi venga riqualificato come contratto di somministrazione di lavoro.
In tale circostanza:
L’Agenzia chiarisce inoltre che la stessa conclusione si applica ogniqualvolta il titolo giuridico del contratto risulti invalido o inesistente.
La risoluzione n. 50/2025 conferma che:
Le Direzioni regionali sono tenute a vigilare sull’applicazione uniforme delle istruzioni da parte degli uffici periferici dell’Agenzia.
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