Retroattività della variazione di inquadramento INPS solo nei casi di inesatta dichiarazione

Pubblicato il 29 luglio 2021

La variazione della classificazione dei datori di lavoro, con conseguente trasferimento nel settore economico corrispondente all’effettiva attività esercitata, potrà avere effetto retroattivo solo nei casi di inesatte dichiarazioni del datore di lavoro rese al momento dell’iniziale inquadramento.

Con la Circolare 28 luglio 2021, n. 113, l’Istituto previdenziale si conforma al detto orientamento giurisprudenziale, stabilito dalle sentenze della Corte di Cassazione n. 14257/2019 e n. 5541/2021, secondo cui:

In tal senso, i predetti atti amministrativi di variazione dell’inquadramento successivi al 24 maggio 2019 (data di deposito della prima sentenza sopramenzionata) devono basarsi sul presupposto che l’omessa dichiarazione dell’attività esercitata non potrà comportare – così come per l’inesatta dichiarazione – una variazione con effetti retroattivi.

I sopradetti principi appaiono conformi all’art. 3, comma 8, Legge 8 agosto 1995, n. 335, a mente del quale i provvedimenti di variazione adottati d’ufficio dall’Istituto previdenziale, con conseguente trasferimento del settore economico corrispondente all’attività effettivamente esercitata, producono effetti dal periodo di paga in corso alla data di notifica del provvedimento di variazione, con espressa esclusione ex lege dei casi in cui l’inquadramento iniziale sia inesatto in considerazione delle dichiarazioni rese dal datore di lavoro.

Precedentemente, invece, tenuto conto degli orientamenti di legittimità – v. Sentenza Corte di Cassazione 23 maggio 2008, n. 13383 – l’omissione della comunicazione dei mutamenti intervenuti nell’attività svolta dall’impresa tali da comportare una variazione della classificazione previdenziale veniva equiparata alle ipotesi di dichiarazioni inesatte, con conseguente retroattività del provvedimento di variazione.

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