Ricorso insistente Abuso diritto

Pubblicato il 30 settembre 2016

Chi abbia impugnato una sentenza in Cassazione insistendo colpevolmente in tesi giuridiche reputate già manifestamente infondate dal giudice precedente, oppure adducendo censure di tale inconsistenza, irrilevanza o genericità che avrebbero dovuto da lui essere percepite, integra un abuso del diritto all'impugnazione, con conseguente condanna ex art. 96 c.p.c.

Elemento soggettivo

Per identificare l’elemento soggettivo che detta ultima disposizione richiede, occorre tuttavia parametrare il contenuto dell’atto impugnativo con quello del provvedimento impugnato. Pertanto, ad esempio, una riproposizione pedissequa di quanto era già stato sottoposto al giudice che ha emesso quest’ultimo e che non si rapporta in modo specifico alle risposte di confutazione che tale giudice ha fornito, già di per sé ha natura abusiva imperniata sulla mala fede, in quanto non tiene conto del fatto che l’impugnazione deve avere per oggetto il provvedimento impugnato e non può pretermetterlo.

Quantomeno, abuso con colpa grave deve poi riscontrarsi in una impugnazione che travisa il contenuto chiaro e lineare del provvedimento impugnato, attribuendo ad esso un contenuto diverso per sostenere la tesi di impugnante. E deve ancora riconoscersi abuso con mala fede o con colpa grave nel caso in cui, senza alcun dubbio, l’impugnazione viene utilizzata per una funzione diversa rispetto a quella attribuita dal legislatore.

E’ quanto affermato dalla Corte di Cassazione, terza sezione civile, confermando, nel caso sottoposto al suo esame, la fattispecie di cui all'art. 96 c.p.c., anche sotto il profilo dell’elemento soggettivo, nel senso sopra precisato, attribuibile al ricorrente. Quest’ultimo difatti, nell'ambito di un processo locatizio, attraverso i propri motivi di ricorso in Cassazione sembrava ignorare la questione, pur evidenziata dal giudice dell’appello, della non necessità del diritto di proprietà in capo al locatore dell’immobile, intessendo una serie di argomentazioni assolutamente non pertinenti.

Il ricorso in questione integra pertanto un ingiustificato aggravamento del sistema giurisdizionale, onde si ritiene congruo applicare una sanzione nella specie pari a 20 mila euro, considerata la natura di eclatante eppure insistente infondatezza che connota l’impugnazione.

Eventuale responsabilità avvocato

Tutti aspetti – conclude la Corte con sentenza n. 19285 del 29 settembre 2016 – che sono ben idonei a riflettersi, previo necessario accertamento su chi ha operato le scelte abusive, sulla responsabilità professionale del difensore. Responsabilità che, se sussistente, giustifica l’azione dell’interessato nei confronti del suo avvocato.

 

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