Riscossione contributi Cassa Forense: le Sezioni Unite sulle riforme 2012-2014

Pubblicato il 12 dicembre 2025

Le Sezioni Unite civili della Cassazione, con la sentenza n. 31908 del 7 dicembre 2025, si sono pronunciate su una controversia in materia di riscossione mediante ruolo dei contributi previdenziali dovuti a Cassa Forense.

La Corte è stata chiamata a valutare la compatibilità con l’art. 6, par. 1, CEDU dell’efficacia, sui giudizi pendenti, delle modifiche introdotte dalle leggi di stabilità 2013 e 2015 in tema di discarico per inesigibilità, al fine di chiarire in modo definitivo i limiti dell’intervento legislativo sopravvenuto e il corretto inquadramento delle azioni esperibili dalla Cassa creditrice.

Riscossione Cassa Forense: Sezioni Unite confermano le riforme 2012-2014

Il contesto normativo della controversia  

La riscossione dei contributi previdenziali forensi mediante ruolo  

Cassa Forense è legittimata alla riscossione dei contributi dovuti dagli iscritti mediante il meccanismo del ruolo, affidando l’attività all’agente pubblico della riscossione.

Il sistema ha conosciuto un’evoluzione significativa con l’abbandono del principio del “non riscosso come riscosso”, che imponeva al concessionario l’anticipazione delle somme iscritte a ruolo, e il passaggio a un modello fondato sul discarico per inesigibilità, incentrato sull’effettivo esito dell’azione esattiva.

Il d.lgs. n. 112 del 1999: obblighi dell’agente della riscossione  

Il decreto legislativo n. 112 del 1999 ha disciplinato in modo organico gli obblighi dell’agente della riscossione. In particolare, gli articoli 19 e 20 prevedevano la comunicazione dello stato delle procedure e la comunicazione di inesigibilità, nonché uno specifico procedimento di discarico, finalizzato all’accertamento delle eventuali responsabilità del concessionario per mancata riscossione.

Le modifiche introdotte dalle leggi n. 228 del 2012 e n. 190 del 2014  

La legge n. 228 del 2012 (legge di stabilità 2013) ha introdotto l’annullamento automatico dei ruoli anteriori al 1999 e il conseguente discarico, incidendo profondamente sul pregresso carico esattoriale.

Successivamente, la legge n. 190 del 2014 (legge di stabilità 2015) ha disposto proroghe dei termini per le comunicazioni di inesigibilità e ha abrogato specifiche cause di perdita del diritto al discarico, ridisegnando l’equilibrio tra tutela del credito previdenziale ed efficienza del sistema di riscossione.

Il caso esaminato dalla Corte di Cassazione  

I fatti di causa  

La controversia trae origine dal decreto ingiuntivo richiesto dalla Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense nel 2010, con cui veniva intimato all’allora concessionario della riscossione il pagamento di contributi previdenziali non riscossi per un importo superiore a 22 milioni di euro.

La Cassa imputava il mancato incasso a presunti inadempimenti del mandatario. Il decreto veniva inizialmente confermato in primo grado, ma la Corte d’appello di Roma riformava la decisione, revocando l’ingiunzione alla luce della normativa sopravvenuta sul discarico per inesigibilità, dando così origine al giudizio di legittimità.

La decisione della Corte d’appello di Roma e i motivi del ricorso per cassazione  

La Corte d’appello di Roma, applicando la normativa sopravvenuta in materia di discarico per inesigibilità, ha escluso la responsabilità dell’agente della riscossione, ritenendo non più configurabili le decadenze invocate dalla Cassa e disponendo la revoca del decreto ingiuntivo.

Avverso tale decisione, la Cassa ha proposto ricorso per cassazione, censurando la retroattività della disciplina e deducendo la violazione dell’art. 6 CEDU, con riferimento ai principi di parità delle armi e di giusto processo.

La questione rimessa alle Sezioni Unite  

Con l’ordinanza interlocutoria del 2024, la Prima Sezione civile ha rimesso alle Sezioni Unite la verifica della compatibilità con l’art. 6, par. 1, CEDU dell’efficacia, sui giudizi pendenti, delle modifiche introdotte dalle leggi del 2012 e del 2014 in materia di riscossione mediante ruolo.

I quesiti hanno riguardato il rischio di una interferenza legislativa nei processi in corso, idonea a incidere sull’esito delle controversie, soprattutto quando parte del giudizio è un ente pubblico.

Il problema della compatibilità con l’art. 117 Cost.

La questione è stata esaminata alla luce dell’art. 117, primo comma, Cost., che impone il rispetto della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, con particolare attenzione ai limiti dell’efficacia retroattiva delle leggi e alla tutela dei principi del giusto processo, della parità delle armi e della preminenza del diritto.

La decisione delle Sezioni Unite  

L’efficacia della normativa sopravvenuta nei giudizi pendenti  

Ebbene, le Sezioni Unite hanno affermato che le modifiche introdotte dalle leggi del 2012 e del 2014 al sistema di riscossione mediante ruolo si inseriscono in un quadro normativo unitario e progressivo, avviato con la riforma del 1999.

Tale evoluzione legislativa è stata ritenuta coerente e continua, priva di caratteri di imprevedibilità o arbitrarietà, escludendo così che l’intervento del legislatore possa qualificarsi come un uso distorto della funzione legislativa volto a incidere sull’esito di giudizi pendenti.

L’assenza di violazione dell’art. 6 CEDU  

La Corte ha escluso la violazione dell’art. 6, par. 1, CEDU, chiarendo che i principi del giusto processo e della preminenza del diritto non risultano compromessi dall’efficacia delle norme sopravvenute.

Il bilanciamento operato dal legislatore tra l’interesse generale alla razionalizzazione del sistema di riscossione e la posizione della Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense è stato ritenuto ragionevole e proporzionato, precisando che mere esigenze finanziarie, se considerate isolatamente, non sarebbero idonee a giustificare un intervento retroattivo, ma che nel caso di specie esse si inseriscono in una più ampia riorganizzazione strutturale.

Il rilievo decisivo della scelta processuale della Cassa  

Elemento centrale della decisione è stato il rilievo attribuito alla scelta processuale della Cassa, che non aveva attivato il procedimento amministrativo previsto dagli artt. 19 e 20 del d.lgs. n. 112 del 1999, optando invece per un ordinario procedimento monitorio volto a ottenere il risarcimento del danno da presunto inadempimento del concessionario.

Tale opzione ha comportato l’applicazione delle regole proprie della responsabilità contrattuale da mandato, con i relativi oneri probatori, escludendo che la sola violazione degli obblighi procedimentali potesse fondare automaticamente la pretesa creditoria.

Principio affermato dalle Sezioni Unite  

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, in definitiva, hanno affermato il principio secondo cui l’efficacia, sui giudizi pendenti, delle modifiche introdotte in materia di riscossione mediante ruolo e discarico per inesigibilità non contrasta con l’art. 6, par. 1, CEDU, quale norma interposta rispetto all’art. 117 Cost..

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