Rito lavoro. Nullità della vocatio in ius, vizio sanabile

Pubblicato il 28 agosto 2020

Con ordinanza n. 17849 del 26 agosto 2020, la Corte di cassazione ha spiegato che il termine di dieci giorni previsto per la notifica del ricorso dall'art. 435, comma secondo, c.p.c., è un termine ordinatorio e, pertanto, dalla sua inosservanza non può discendere la decadenza dall'impugnazione.

Nel rito del lavoro, inoltre - hanno continuato gli Ermellini - la violazione del termine non minore di venticinque giorni, che, a norma dell'art. 435, comma 3, c.p.c. deve intercorrere tra la data di notifica del ricorso in appello e quella dell'udienza di discussione, non comporta l'improcedibilità dell'impugnazione, come nel caso di omessa o inesistente notificazione.

In tali ipotesi, infatti, si ha la nullità della notifica, sanabile per effetto di spontanea costituzione dell'appellato o di rinnovazione disposta dal giudice.

Termini a comparire non rispettati? Notifica nulla non inesistente

Nel caso specificamente esaminato, la Cassazione ha accolto il ricorso promosso da una lavoratrice contro la decisione con cui la Corte d'appello aveva dichiarato improcedibile il gravame dalla stessa proposto avverso il rigetto della domanda di accertamento dello svolgimento di mansioni superiori.

La ricorrente, in particolare, aveva lamentato la violazione e falsa applicazione dell'art. 435, commi 2 e 3, del Codice di procedura civile, per avere, la Corte di merito, ritenuto che la notifica dell'appello senza il rispetto dei termini di cui alla predetta disposizione comportasse l'improcedibilità dell'appello, con conseguente impossibilità di concedere all'appellante un ulteriore termine per la rinnovazione della notifica.

Si trattava, tuttavia - hanno concluso i giudici di Piazza Cavour - non di una notifica omessa o inesistente, bensì una notifica effettuata senza il rispetto del termine a comparire; conseguentemente, il giudice di appello avrebbe dovuto disporne la rinnovazione.

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