Sezioni Unite su violenza sessuale con abuso di autorità

Pubblicato il 02 ottobre 2020

Alle Sezioni Unite penali della Cassazione era stato chiesto se, in tema di violenza sessuale, l’abuso di autorità di cui all’art. 609-bis, primo comma, c.p., presupponesse, nell’agente, una posizione autoritativa di tipo formale e pubblicistico o, invece, potesse riferirsi anche a poteri di supremazia di natura privata, di cui l’agente abusi per costringere il soggetto passivo a compiere o subire atti sessuali.

La soluzione della questione prospettata atteneva all’ambito di applicazione della norma in esame, che punisce chiunque, con violenza e minaccia o mediante abuso di autorità, costringe taluno a compiere o subire atti sessuali. Al secondo comma della medesima disposizione, si prevede poi l’applicazione della medesima pena per chi induce taluno a compiere o subire atti sessuali abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica o traendo in inganno la persona offesa per essersi il colpevole sostituito ad altra persona.

Violenza sessuale "costrittiva": contrasto interpretativo

Due gli indirizzi interpretativi contrapposti con riferimento alla violenza sessuale definita costrittiva in relazione al concetto di abuso di autorità: a un primo orientamento, secondo cui l’abuso di autorità presupporrebbe nell’agente una posizione autoritativa di tipo formale e pubblicistico, era seguita una diversa lettura che, richiamando la prevalente dottrina, propendeva per un concetto di abuso di autorità più ampio, comprensivo di ogni relazione, anche di natura privata, della quale l’autore si avvale per coartare la volontà della persona offesa.

Violenza sessuale con abuso di autorità. La soluzione delle Sezioni Unite.

Con sentenza n. 27326 depositata il 1° ottobre 2020, le Sezioni Unite penali della Cassazione hanno fornito la loro soluzione, aderendo a questa seconda lettura della norma.

Hanno ossia stabilito che l’abuso di autorità cui si riferisce l’art. 609-bis, comma primo, cod. pen., presuppone una posizione di preminenza, anche di fatto e di natura privata, che l’agente strumentalizza per costringere il soggetto passivo a compiere o subire atti sessuali.

La notizia di questa decisione era stata anticipata dall’Ufficio stampa della Corte di cassazione, con informazione provvisoria n. 11 del 16 luglio 2020.

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