Tre sono le procedure per la composizione delle crisi da sovraindebitamento:
l’accordo con i creditori, modellato sul concordato preventivo;
il piano del consumatore;
la liquidazione dei beni, che è ispirata al fallimento.
Il Piano pensato dal legislatore per offrire una possibilità di esdebitazione alle persone fisiche che intendano così regolare i loro rapporti con i creditori, purché si tratti di debiti contratti non nell’esercizio di attività imprenditoriali piccole o di attività professionali, fatta eccezione per i debiti per ritenute fiscali ed IVA, che non sono falcidiabili.
La Fondazione Nazionale dei Commercialisti ha dedicato al tema il documento, realizzato in forma di slide, “La relazione del Gestore della Crisi al piano del consumatore – Struttura e contenuto”.
La caratteristica saliente della procedura in oggetto è l’assenza del voto dei creditori e la sottomissione al sindacato unico del Giudice Delegato della valutazione dell’ammissibilità del debitore al beneficio.
Il Giudice Delegato baserà il giudizio solo sulla Relazione del Gestore della Crisi, nominato dall’Organismo di Composizione della Crisi o dal Tribunale.
La grande responsabilità del commercialista nominato sta sia nel supporto del debitore nella fase della predisposizione del piano che nel fornire al magistrato gli elementi che lo convincano a disporre una misura che inciderà non solamente sui diritti dei creditori, ma anche sulla possibilità per il debitore (tacendo delle implicazioni psicologiche, pur importantissime) di riproporsi al mercato del consumo e, in particolar modo, agli operatori finanziari, con un rinnovato merito di credito.
Con il documento, la Fondazione Nazionale dei Commercialisti spiega che l’atto particolareggiato (ex art. 9, comma 3-bis della L. 3/2012), predisposto dal professionista incaricato, deve contenere la dichiarazione preliminare che sussistono, in capo al debitore, le condizioni soggettive ed oggettive per l’ammissibilità alla procedura.
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