Tar Lazio sulla conciliazione obbligatoria: questioni di legittimità costituzionali rilevanti, atti alla Consulta

Pubblicato il 13 aprile 2011 Con ordinanza n. 3202 del 12 aprile 2011, il Tar del Lazio, sede di Roma, si è pronunciato sui ricorsi presentati dall'Oua e da vari Consigli dell'ordine avverso la normativa che ha introdotto la conciliazione obbligatoria per diverse materie in ambito civile, dichiarando rilevanti e non manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate rispettivamente con riferimento agli articoli 24 e 77 della Costituzione.

In particolare, per i giudici amministrativi sarebbe contrario alle norme della Carta costituzionale l'articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 28/2010 sia nella parte che introduce a carico di chi intende esercitare in giudizio un'azione relativa alle controversie nelle materie espressamente elencate l'obbligo del previo esperimento del procedimento di mediazione sia in quella che prevede l'esperimento di mediazione come condizione di procedibilità della domanda giudiziale nonché, infine, nella parte che dispone che l'improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto o rilevata d'ufficio dal giudice. Illegittimo, altresì, l'articolo 16, comma 1, del Decreto “laddove dispone che abilitati a costituire organismi deputati, su istanza della parte interessata, a gestire il procedimento di mediazione sono gli enti pubblici e privati, che diano garanzie di serietà ed efficienza”.

Così pronunciatosi, il Tar ha disposto la sospensione del giudizio di specie ordinando l'immediata trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale.

Il provvedimento dei giudici laziali è stato accolto con favore dal Consiglio nazionale forense e da tutta l'Avvocatura. La decisione – spiega Guido Alpa, presidente del Cnf – è importante in quanto “conferma i dubbi da noi sollevati. Un conto è la mediazione scelta volontariamente dalle parti, altro conto l'obbligo di effettuare il tentativo”.

Maurizio de Tilla, per l'Oua, sottolinea la propria soddisfazione ricordando come sia in gioco “la natura stessa della nostra giustizia civile pubblica e il ministro deve aprire a questo punto il confronto con gli avvocati”.
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