Con l’ordinanza n. 50 depositata il 17 aprile 2025, la Corte costituzionale ha dichiarato manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate dalla Corte di giustizia tributaria di primo grado di Udine, in riferimento all’art. 5, comma 1, del TUIR.
La norma in esame è stata censurata nella parte in cui prevede l’attribuzione del reddito delle società in accomandita semplice ai soci accomandanti indipendentemente dalla percezione effettiva dello stesso.
Le questioni sollevate
La Corte tributaria remittente ha ritenuto che tale imputazione automatica potesse violare:
La Consulta ha escluso ogni profilo di illegittimità costituzionale, richiamando la precedente sentenza n. 201 del 2020, che aveva già esaminato la posizione dei soci non amministratori, inclusi gli accomandanti.
Nella citata sentenza, in particolare, si è precisato che l’imputazione reddituale “per trasparenza” delle società di persone, anche avuto riguardo al caso di soci non amministratori (e, in particolare, anche nel caso dell’accomandante), si riconnette alla disciplina civilistica che attribuisce ad essi puntuali poteri di controllo.
Il socio (anche accomandante), in tale contesto, ha il potere e l’onere di controllare l’attività sociale (artt. 2261 e 2320 cod. civ.).
In altre parole, la Corte ha affermato che:
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