Tenuità del fatto per chi commette l’abuso edilizio ma poi sana

Pubblicato il 30 gennaio 2018

La nozione di comportamento abituale - che ricorre quando l'autore ha commesso almeno altri due illeciti oltre quello preso in esame - non può essere assimilata a quella della recidiva, che opera in un ambito diverso ed è fondata su un distinto apprezzamento.

Ne consegue che assumono rilievo anche reati commessi successivamente a quello per cui si procede, unitamente alla valutazione del comportamento dell'imputato dopo il delitto (come nel caso di demolizione e sanatoria edilizia), significativo della sua non abitualità alla commissione di reati.

Rilevanza del comportamento successivo dell’imputato

E’ questo il principio di diritto enunciato dalla Cassazione nel testo della sentenza n. 4123 del 29 gennaio 2018 e con la quale è stato dichiarato inammissibile il ricorso avanzato dal Pm contro la decisione del Gip che aveva dichiarato un imputato non punibile, per la particolare tenuità del fatto, relativamente al reato di abuso edilizio.

L'esclusione della punibilità ex articolo 131 bis Codice penale, nella specie, era stata disposta considerando la condotta successivamente tenuta dall'uomo, il quale aveva provveduto a sanare l'abuso posto in essere, condotta che era stata valutata al fine di escludere l'abitualità del comportamento tenuto, uno dei presupposti, ossia, per applicare l'esimente.

Il Procuratore della Repubblica aveva lamentato che non sussistessero i presupposti per l'applicazione della particolare tenuità del fatto in quanto la condotta posta in essere dall'imputato non aveva prodotto un danno esiguo e l'offesa non poteva, pertanto, considerarsi di particolare tenuità. Per questo, la rilevanza dell'offensività del reato edilizio doveva essere effettuata unitariamente, mentre la condotta tenuta successivamente al reato era da ritenere irrilevante.

Secondo la Suprema corte, per contro, il comportamento successivo dell'accusato doveva comunque essere valutato per escludere un comportamento abituale.

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