Causali per contratti a termine: cosa cambia con il decreto Lavoro

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Causali per contratti a termine: cosa cambia con il decreto Lavoro

Prevista per il prossimo primo maggio l’approvazione in Consiglio dei Ministri del decreto Lavoro, la cui bozza consta di 43 articoli profondamente innovativi in tema di adempimenti da parte delle aziende, di sicurezza e di sostegno al reddito.

In attesa del provvedimento definitivo, ci soffermiamo ora sulla disciplina dei contratti a termine e delle relative causali, la cui regolamentazione dovrebbe subire importanti modifiche.

Causali dei contratti a termine, disciplina attuale

Nella sua evoluzione storica, la normativa del contratto a tempo determinato si è caratterizzata per il progressivo allentamento dei vincoli previsti per la sua ammissibilità, fino ad arrivare alla attuale disciplina in cui la stessa è sempre riconosciuta a condizione che non sia espressamente vietata, e salvo specifici limiti quantitativi e di durata, fino ad un massimo di dodici mesi.

E' necessaria invece la presenza delle seguenti specifiche causali per termini di durata superiore, e comunque non oltre ventiquattro mesi, (art. 19, c. 1, D.Lgs. n. 81/2015, come modificato dal D.L. n. 87/2018, c.d. Decreto dignità):

  • esigenze temporanee e oggettive estranee all'ordinaria attività o di sostituzione di altri lavoratori;
  • incrementi temporanei significativi e non programmabili dell'attività ordinaria.

Causali dei contratti a termine, le novità

L’emanando Decreto, all’art. 19, inciderebbe sulla disciplina del contratto a termine di cui al Decreto “dignità” per quel che riguarda le causali che lo rendono ammissibile, le proroghe e i rinnovi.

La norma, mantenendo l’attuale possibilità di stipulare un contratto a tempo determinato acausale di durata non superiore a dodici mesi, modificherebbe le causali che giustificano l’apposizione di un termine tra i dodici e i ventiquattro mesi prevedendo che le ragioni tecniche, organizzative e produttive possano essere riconosciute dalla contrattazione collettiva, anche aziendale.

In caso di mancato esercizio di tale delega da parte della contrattazione collettiva, le causali dovrebbero essere preventivamente certificate da una delle Commissioni di cui agli artt. 75 e seguenti del D.Lgs. n. 276/2003.

Infine sarebbe prevista, quale ultima condizione che può giustificare l’apposizione del termine tra i dodici e i ventiquattro mesi, l’esigenza di sostituzione di altri lavoratori.

La disposizione confermerebbe inoltre, nell’eventualità di una durata ulteriore nel limite massimo complessivo di trentasei mesi, l’attuale previsione del passaggio innanzi ai servizi ispettivi del lavoro o ad una delle sedi delle commissioni di certificazione per accertare la sussistenza delle ragioni giustificatrici.

Considerazioni conclusive

In conclusione, la scelta dell’allentamento della rigidità delle causali, oggetto di forte dibattito fra le Parti sociali, sembrerebbe dettata dalla volontà di far ripartire l’economia post pandemia e di venire incontro a necessità occupazionali spesso temporanee in ragione dell’incerto mercato del lavoro.

L’intervento normativo avrebbe quindi l’obiettivo di contemperare le esigenze di tutela e garanzia richieste anche dall’Unione europea con un certo margine di discrezionalità operativa per fare fronte alla necessaria flessibilità.

La disciplina proposta sarebbe comunque orientata al contenimento dell’utilizzo del contratto a termine, consentendo il controllo della relativa applicazione e diffusione ed evitandone la diffusione indiscriminata.

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