Sezioni Unite: termine di decadenza di otto anni quando il credito è inesistente

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Sezioni Unite: termine di decadenza di otto anni quando il credito è inesistente

Con la sentenza n. 34419 dell'11 dicembre 2023, le Sezioni Unite civili della Cassazione hanno fatto finalmente chiarezza riguardo alla distinzione tra crediti d’imposta "inesistenti” e “non spettanti”, specificando anche quale termine di decadenza sia applicabile in caso di accertamento tributario.

Credito d'imposta inesistente: termine di decadenza lungo 

La questione loro sottoposta dalla sezione tributaria della Cassazione riguardava, in primo luogo, la nozione di crediti d’imposta inesistenti.

Da chiarire, in particolare, se tale nozione dovesse o meno essere distinta da quella di crediti d’imposta non spettanti.

La problematica risultava particolarmente rilevante, avendo ricadute per quel che concerne l'applicabilità del termine di decadenza lungo, di otto anni, introdotto dal comma 16 dell’art. 27 del Dl n. 185/2008, anziché di quello ordinario, previsto dell’art. 43, terzo comma, DPR n. 600/1973, per l’esercizio della potestà accertativa da parte dell’Amministrazione finanziaria, in caso di indebita compensazione.

La medesima questione impatta anche sul trattamento sanzionatorio applicabile, visto che l’indebita compensazione con crediti inesistenti è soggetta alla più grave sanzione dal 100% al 200% dei crediti.

Su tale parallela problematica, le medesime SU si sono pronunciate con sentenza n. 34452/2023, per il cui approfondimento si rinvia al post: "Crediti inesistenti e crediti non spettanti, quali sanzioni si applicano?"

Il contrasto interpretativo rilevato

L’ordinanza di rimessione, nel delineare lo specifico oggetto della questione, aveva rilevato l’esistenza di un persistente contrasto interno alla Sezione Tributaria.

Secondo un primo e più risalente orientamento, non vi sarebbe alcuna differenza tra le nozioni di “credito inesistente” e “credito non spettante”, atteso che l'art. 27 sopra richiamato non intenderebbe elevare l'inesistenza del credito a categoria distinta dalla non spettanza.

In dissenso con tale lettura, l'interpretazione affermata con le sentenze gemelle n. 34443, 34444 e 34445 del 2021, secondo cui, nella stessa definizione positiva di credito inesistente "può rinvenirsi la conferma della dignità della distinzione delle due categorie in discorso, già sulla base dell'originario impianto normativo concernente la riscossione dei crediti d'imposta indebitamente utilizzati". Orientamento, questo, ripreso da ultimo nella sentenza di Cassazione n. 5243/2023.

Sezioni Unite: termine lungo di otto anni se il credito è inesistente  

Ed è tale seconda interpretazione che le Sezioni Unite civili hanno ritenuto condivisibile in tema di compensazione di crediti o eccedenze d’imposta da parte del contribuente.

All’azione di accertamento dell’erario - si legge nella decisione - si applica il più lungo termine di otto anni, quando il credito utilizzato è inesistente.

Ebbene, il credito è inesistente quando ricorrano, congiuntamente, i seguenti requisiti:

  • il credito, in tutto o in parte, è il risultato di una artificiosa rappresentazione ovvero è carente dei presupposti costitutivi previsti dalla legge ovvero, pur sorto, è già estinto al momento del suo utilizzo;
  • l’inesistenza non è riscontrabile mediante i controlli di cui agli artt. 36-bis e 36-ter DPR n. 600/1973 e all’art. 54-bis DPR n. 633/1972.

Nei casi, invece, in cui sussista il primo requisito ma l’inesistenza sia riscontrabile in sede di controllo formale o automatizzato, la compensazione indebita riguarda crediti non spettanti e si applicano i termini ordinari per l’attività di accertamento.

Crediti inesistenti e crediti non spettanti, differenze e regime giuridico applicabile

La problematica di fondo approfondita dalle Sezioni Unite è sostanzialmente incentrata su due profili:

  • sulla effettiva differenza delle due nozioni e i relativi i caratteri distintivi;
  • sulla ravvisabilità - e in quali termini - di un regime giuridico differente tra l’indebito utilizzo in compensazione di un credito inesistente ovvero non spettante.

Ebbene, sul primo punto, le SU hanno concluso che la distinzione tra credito inesistente e credito non spettante ha, innanzitutto, carattere strutturale e trae il suo fondamento logico giuridico dal complessivo sistema ordinamentale tributario: l’una (“l’inesistenza”) ha un valore obiettivo, mentre l’altra (la “non spettanza”) ha un carattere dinamico ancorato al presupposto, antitetico, dell’esistenza del credito.

Per quanto riguarda la seconda questione, gli Ermellini hanno richiamato il complessivo quadro normativo applicabile, evidenziando come dal medesimo emerga che, recepita positivamente la distinzione tra crediti inesistenti e crediti non spettanti, l’intervento del legislatore è stato mirato a fornire una disciplina specifica in caso di compensazioni con crediti inesistenti.

Questo, in conclusione, il principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite:

"in tema di compensazione di crediti o eccedenze d’imposta da parte del contribuente, all’azione di accertamento dell’erario si applica il più lungo termine di otto anni, di cui all’art. 27, comma 16, Dl n. 185 del 2008, quando il credito utilizzato è inesistente, condizione che si realizza - alla luce anche dell’art. 13, comma 5, terzo periodo, D. Lgs. n. 471 del 1997, come modificato dal D. Lgs. n. 158 del 2015 – allorché ricorrano congiuntamente i seguenti requisiti:

a) il credito, in tutto o in parte, è il risultato di una artificiosa rappresentazione ovvero è carente dei presupposti costitutivi previsti dalla legge ovvero, pur sorto, è già estinto al momento del suo utilizzo;

b) l’inesistenza non è riscontrabile 31 di 39 mediante i controlli di cui agli artt. 36-bis e 36-ter DPR n. 600 del 1973 e all’art. 54-bis DPR n. 633 del 1972; ove sussista il primo requisito ma l’inesistenza sia riscontrabile in sede di controllo formale o automatizzato, la compensazione indebita riguarda crediti non spettanti e si applicano i termini ordinari per l’attività di accertamento".

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