Licenziamento per inidoneità fisica o psichica: quando può dirsi legittimo

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Licenziamento per inidoneità fisica o psichica: quando può dirsi legittimo

Con ordinanza n. 9937 del 12 aprile 2024, la Corte di cassazione si è occupata della tematica del licenziamento per inidoneità fisica o psichica.

Nella decisione, la Suprema corte ha indicato criteri rigorosi per i datori di lavoro nel valutare le condizioni di salute dei dipendenti prima di procedere con il licenziamento, assicurando una gestione equa e giustificata.

Licenziamento per inidoneità: contesto giuridico

La definizione di "licenziamento per inidoneità fisica o psichica" si riferisce alla cessazione del contratto di lavoro quando un dipendente non è più in grado di adempiere efficacemente le proprie funzioni a causa di limitazioni fisiche o mentali.

La normativa italiana, inclusi l'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori e le modifiche introdotte dalla legge Fornero, esige che il predetto licenziamento - rientrante tra le ipotesi di recesso per giustificato motivo oggettivo - sia giustificato dalla totale impossibilità di ricollocare il lavoratore in posizioni compatibili con il suo stato di salute.

Evoluzione della normativa e della giurisprudenza

Il quadro normativo riguardante il licenziamento per inidoneità del lavoratore è stato significativamente influenzato dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione, intervenuta a definire i diritti dei lavoratori e le responsabilità dei datori di lavoro.

I principi enunciati sottolineano che:

  • non è sufficiente provare l'inadeguatezza del lavoratore per le mansioni originarie.
  • é necessario anche dimostrare l'impossibilità di un suo efficace reimpiego in altre funzioni che non aggravino le sue condizioni di salute.

Il caso di riferimento

Nella vicenda esaminata, il dipendente di una Spa era stato licenziato per presunta inidoneità fisica, ma la Corte d'Appello aveva ritenuto il licenziamento illegittimo, stabilendo che la datrice di lavoro non aveva adeguatamente valutato tutte le possibili opzioni di reimpiego interno del lavoratore.

La Corte di Cassazione ha confermato questa decisione, enfatizzando l'obbligo di repêchage e stabilendo che i datori di lavoro devono dimostrare l'assoluta inesistenza di altre mansioni disponibili, prima di procedere con il licenziamento.

Reintegra in caso di violazione del repêchage

I datori di lavoro, in altri termini, devono esaminare tutte le posizioni disponibili e valutare adeguamenti ragionevoli prima di procedere con il licenziamento.

La violazione del principio di repêchage, come nella specie, può portare a significative conseguenze, compresa la reintegrazione del lavoratore e il risarcimento per i danni subiti, promuovendo pratiche di licenziamento etiche e responsabili.

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