Maltratta la compagna davanti al figlio neonato: reato aggravato

Pubblicato il



Maltratta la compagna davanti al figlio neonato: reato aggravato

Il maltrattamento aggravato si ha a prescindere dall'età del minore che assiste, se gli episodi di violenza siano tali da causare il rischio della compromissione del normale sviluppo psico-fisico del bambino.

E' stata definitivamente confermata, dalla Corte di cassazione, la condanna penale impartita ad un uomo per maltrattamenti in famiglia e lesioni personali ai danni della convivente.

L'imputato si era rivolto alla Suprema corte lamentando un'erronea applicazione dell'aggravante di cui all'art. 572, comma 2, c.p., e correlato vizio di motivazione.

Disposizione, questa, introdotta dal "Codice rosso" (Legge n. 69/2019) e che prevede un aumento di pena fino alla metà se il fatto è commesso in presenza o in danno di persona minore, di donna in stato di gravidanza o di persona con disabilità ovvero se il fatto è commesso con armi.

I maltrattamenti ai danni della donna, nella specie, erano stati realizzati in presenza del figlio minore, appena nato.

Secondo la difesa del ricorrente, la Corte di appello aveva errato nel considerare come dato scientifico acquisito quello per cui non occorre, nell'infante, la piena consapevolezza per percepire la portata negativa di avvenimenti violenti e dolorosi.

Andava escluso, a suo dire, che un bambino appena nato potesse comprendere, elaborare o anche soltanto percepire l'ambiente circostante.

Maltrattamenti assistiti: aggravante anche se chi assiste è un neonato

La Sesta sezione della Cassazione, con sentenza n. 47121 del 23 novembre 2023, ha giudicato infondata tale doglianza.

In primo luogo, gli Ermellini hanno fornito alcune precisazioni in ordine all'orientamento di legittimità richiamato dal ricorrente nel sostenere la propria tesi difensiva.

Questo, per quanto concerne la configurabilità dei c.d. maltrattamenti assistiti, subordinata alla condizione che le condotte siano idonee ad incidere sull'equilibrio psicofisico dello stesso.

Il predetto richiamo non era stato correttamente operato, con conseguente opportunità di specificare il principio di diritto espresso in tali pronunce.

Sussiste violenza assistita - ha chiarito la Corte - a prescindere dall'età del minorenne, purché il numero, la qualità e la ricorrenza degli episodi cui questi assiste siano tali da lasciare inferire il rischio della compromissione dei suo normale sviluppo psico-fisico.  

Fatte tali precisazioni, la Cassazione ha giudicato non fondata la deduzione del ricorrente secondo cui i giudici, ai fini della configurabilità dell'art. 572, comma 2, c.p., avevano trascurato l'età tenerissima del minorenne e comunque non avevano esperito alcun accertamento in ordine al pericolo di lesione della sua integrità psico-fisica, dal momento che tale età non rilevava legislativamente.

Ebbene, per il Collegio di legittimità, non si poteva escludere che, al contrario di quanto ipotizzato dal ricorrente, il pericolo fosse tanto maggiore quanto più tenera era l'età del minorenne.

Andava inoltre escluso, nella specie, che i comportamenti cui il minore aveva assistito non integrassero la soglia di rilevanza penale dei maltrattamenti.

I giudici dell'appello, sul punto, avevano avuto cura di precisare che gli episodi avvenuti alla presenza del figlio erano stati sicuramente molto più numerosi di quelli accertati, essendo il bambino, di pochi mesi, a casa con i genitori e quindi inevitabilmente spettatore, se non in qualche modo coinvolto, nelle esplosioni di violenza verbale e fisica del padre nei confronti della madre.

Era infatti emerso che il padre, frequentemente, trascinava la compagna fuori dall'abitazione, privando quindi il minore, in tenerissima età, della presenza materna.

Senza contare che le urla, l'estromissione della madre dalla casa familiare, i tentativi della stessa di rientrare in casa, il coinvolgimento di vicini e forze dell'ordine avevano costituito il contesto violento e nocivo in cui il minore aveva vissuto i primi mesi di vita, a causa della violenta condotta paterna verso la madre.

In definitiva, la Corte territoriale aveva correttamente applicato la legge penale, ottemperando, altresì, all'obbligo di rendere una motivazione completa e coerente.

Allegati

Ricevi GRATIS la nostra newsletter

Ogni giorno sarai aggiornato con le notizie più importanti, documenti originali, anteprime e anticipazioni, informazioni sui contratti e scadenze.

Richiedila subito