Retroattività, gli abusi del Fisco

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Il debutto, da venerdì 1° settembre, delle procedure telematiche nelle indagini bancarie riapre il problema della retroattività nell’applicazione delle norme tributarie. Il ricorso alla posta elettronica darà concreta attuazione ad alcune norme previste dalla Finanziaria 2005 relative ai controlli bancari, tra cui l’estensione ai professionisti della presunzione collegata ai prelevamenti. I maggiori timori proprio di quest’ultimi riguardano, a questo punto, possibili controlli sui movimenti bancari estesi a periodi anteriori alle ultime modifiche normative. Ancora una volta si andrebbe incontro ad un cambiamento delle regole a procedimenti già iniziati con il rischio di rendere “vulnerabili” i prelevamenti fatti prima del 2005. Così se da una parte il legislatore fiscale e la stessa Amministrazione sembrano favorevoli ai cambiamenti retroattivi delle norme tributarie, dall’altra ha in più casi ammesso l’uso retroattivo solo di norme “procedurali”, cioè di norme che non agiscono sul piano sostanziale e non ledono il diritto di difesa del contribuente. Il rischio finora è stato che molto spesso si è abusato del presunto carattere procedurale di una disposizione di legge per ammetterne la retroattività (per esempio l’adeguamento agli studi di settore o l’applicazione retroattiva degli indici di ricchezza). Al contrario, invece, lo Statuto del contribuente prevede esplicitamente il divieto di retroattività delle norme (articolo 3), salvo il caso delle norme di interpretazione autentica che possono avere effetto per il passato. Questo principio è limitato, però, alle norme a carattere sostanziale, cioè per quelle che hanno a che fare con l’obbligazione tributaria, mentre – come detto – per le norme procedurali si ammette la retroattività.

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