Abbandono del domicilio domestico. Se c’è giusta causa va esclusa la condanna penale

Pubblicato il 17 settembre 2012 La Corte di cassazione, con la sentenza n. 34562 depositata l’11 settembre 2012, ha ribaltato la decisione con cui i giudici di merito, in primo ed in secondo grado, avevano condannato per abbandono del domicilio domestico un uomo che si era allontanato dalla casa coniugale lasciando la consorte ed i figli minori.

I giudici di legittimità, rinviando la causa ad un nuovo esame di merito, hanno sancito la necessità della verifica dei motivi dell'allontanamento e, in particolare, l’eventuale presenza di una giusta causa. Il primo comma dell'articolo 570 del Codice penale – si legge in un passo della decisione – “riconduce, anche lessicalmente, l'abbandono del domicilio domestico a una delle possibili condotte contrarie all'ordine o alla morale delle famiglie, richiedendo che la condotta di allontanamento si connoti di disvalore etico sociale, sicché rende punibile non l'allontanamento in sé, ma quello privo di una giusta causa”.

L’accertamento di merito, dunque, deve investire tutta la ricostruzione della situazione dell’abbandono per valutare la presenza di cause di giustificazione.

Sul fronte civile, per contro, l’abbandono della casa familiare prima della pronuncia di separazione porta normalmente all’addebito o comunque diventa rilevante per escludere che la crisi coniugale sia stata determinata dai comportamenti dell’altro coniuge. Ed infatti, nel caso sottoposto all’attenzione della Cassazione nella causa per la quale è stata depositata la sentenza n. 14610 del 2012, è stato escluso che i continui tradimenti di un marito potessero giustificare l’addebito allo stesso quando la moglie, per contro, aveva abbandonato più volte il domicilio domestico.
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