Attività stagionali: flessibilità e deroghe nella gestione dei rapporti di lavoro

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Storicamente, le attività stagionali sono caratterizzate da una forte esigenza di flessibilità interna ed esterna nella gestione dei rapporti di lavoro subordinato. Negli anni, tali necessità sono state certamente colte sia dal legislatore che dalle parti sociali, mediante la regolamentazione di appositi strumenti e deroghe che consentono di attivare e avviare collaborazioni in modo flessibile e slegate dai canonici limiti, diversamente imposti ad altri specifici comparti produttivi.

Tra le temperature roventi di questa stagione estiva, specie nel settore turistico, c’è chi dovrà barcamenarsi tra contratti a termine stagionali, extra, intermittenti, lavoratori a tempo parziale, forme di flessibilità oraria, clausole elastiche, banca delle ore e orari multi-periodali.

Una lunga serie di strumenti che, adeguatamente adottati, consentirà di poter gestire e organizzare efficacemente l’attività produttiva.

Attività stagionali: quali sono e come individuarle

In attesa – già durata oltre 10 lunghi anni – dell’emanazione del decreto ministeriale citato dall’art. 21, comma 2, decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, le attività a carattere stagionale sono specificatamente individuate nell’allegato al decreto del Presidente della Repubblica 7 ottobre 1963, n. 1525.

Detto elenco, oltre a contenere molteplici settori di riferimento, riconosce, più genericamente, la possibilità di attribuire la “qualifica di stagionalità” a quelle attività rese da colonie montane, marine, curative, nonché da aziende turistiche che, nell’anno solare, abbiano:

  • un periodo di inattività non inferiore a settanta giorni continuativi;
  • un periodo di inattività non inferiore a centoventi giorni non continuativi.
Nota Bene
I periodi di inattività devono essere intesi, così come chiarito dall’INL nella nota 10 marzo 2021, n. 413, come periodi di apertura al pubblico, sicché le aziende del settore turistico potranno comunque avere in forza lavoratori a tempo indeterminato che svolgano, anche durante tutto il corso dell’anno solare, prestazioni lavorative per le attività preparatorie o programmatorie svolte in periodi di chiusura al pubblico.

Ferma restando la definizione legale sopracitata, la “qualifica di stagionalità” può essere attribuita, almeno in materia di contratti a tempo determinato, dai contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, ai sensi dell’art. 51, del medesimo decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81.

Nota Bene
Recentemente, l’art. 11, legge 13 dicembre 2024, n. 203, ha fornito un’interpretazione autentica delle disposizioni di cui all’art. 21, comma 2, decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, evidenziando che “rientrano nelle attività stagionali oltre a quelle indicate dal decreto del Presidente della Repubblica 7 ottobre 1963, n. 1525, le attività organizzate per fare fronte a intensificazioni dell’attività lavorativa in determinati periodi dell’anno, nonché a esigenze tecnico produttive o collegate ai cicli stagionali dei settori produttivi o dei mercati serviti dall’impresa, secondo quanto previsto dai contratti collettivi di lavoro, ivi compresi quelli già sottoscritti alla data di entrata in vigore della presente legge, stipulati dalle organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative nella categoria, ai sensi dell’articolo 51 del citato decreto legislativo n. 81 del 2015”

Oltre al tema dei contratti a tempo determinato stagionali, la gestione e l’organizzazione del personale dipendente nelle attività stagionali passa necessariamente da ulteriori strumenti di flessibilità, sia esterna (variazioni in aumento o in diminuzione dell’organico), che interna (azione sul numero di ore lavorabili o distribuzione oraria), sia legali che contrattuali, che riescono a soddisfare le imprescindibili necessità dell’intero comparto turistico del Belpaese.

Contratti a tempo determinato e lavoratori stagionali

Come noto, tra le righe della generale disciplina dei rapporti a tempo determinato contenuta negli artt. 19 e ss., decreto legislativo 15 giugno 2025, n. 81, sono rintracciabili molteplici deroghe rivolte alle attività stagionali. Specificatamente è, dunque, consentito:

  • superare il limite di durata massima di ventiquattro mesi per i rapporti di lavoro a tempo determinato intercorsi tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore, anche per effetto di una successione di contratti, conclusi per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale ed indipendentemente dai periodi di interruzione tra un contratto e l’altro (art. 19, comma 2);
  • prorogare o rinnovare i contratti di lavoro a tempo determinato senza l’individuazione delle condizioni giustificatrici previste dall’art. 19, comma 1 (art. 21, comma 01);
  • riassumere il lavoratore stagionale senza rispettare il termine di dieci o di venti giorni, c.d. Stop and go o periodo cuscinetto, rispettivamente previsto per i rapporti di durata inferiore o superiore a sei mesi, secondo cui, normalmente, è prevista invece la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato dalla stipula del “secondo” contratto (art. 21, comma 2);
  • non computare i lavoratori stagionali nel limite complessivo di contratti a tempo determinato previsto dall’art. 23, decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, che, salvo diversamente previsto dal CCNL applicato e dotato della maggiore rappresentatività comparata, fissa al 20% dei lavoratori assunti a tempo indeterminato in forza al 1° gennaio, il numero di contratti a termine stipulabili (art. 23, comma 2, lett. c).

Anche in materia di contribuzione previdenziale, per i lavoratori assunti con contratto a termine stagionale, è bene annotare le disposizioni di cui all’art. 2, comma 28 e 29, legge 28 giugno 2012, n. 92, e del chiarimento di prassi amministrativa contenuto nel messaggio INPS 7 febbraio 2025, n. 483. Ci si riferisce, in particolare, all’esonero del versamento del contributo addizionale NASpI e del relativo incremento dovuto in occasione di ciascun rinnovo per i lavoratori assunti con contratto a tempo determinato per lo svolgimento di attività stagionali espressamente previste dal decreto del Presidente della Repubblica 7 ottobre 1963, n. 1525, ovvero per i lavoratori assunti con contratto a tempo determinato per lo svolgimento di attività stagionali definite dagli avvisi comuni e dai contratti collettivi nazionali stipulati entro il 31 dicembre 2011 dalle organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative.

Attenzione
Ai fini della corretta compilazione dei flussi Uniemens, i lavoratori con contratto a termine stagionale dovranno essere valorizzati inserendo nell’elemento, della denuncia individuale:
  • il valore “T” per i lavoratori stagionali assunti per attività di cui al D.P.R. n. 1525/1963;
  • il valore “G” per i lavoratori stagionali assunti dal 1° gennaio 2013 al 31 dicembre 2015 e a decorrere dal 1° gennaio 2020 per le attività definite da avvisi comuni e da CCNL stipulati ante 31 dicembre 2011;
  • il valore “S” per gli “altri” lavoratori stagionali, ovverosia per i lavoratori impiegati in attività stagionali non ricomprese nel D.P.R. n. 1525/1963, ovvero disciplinate dalla contrattazione collettiva solo successivamente al 31 dicembre 2011.
Esclusivamente per i lavoratori stagionali delle restanti tipologie, evidenziati con il valore “S” sulla denuncia contributiva, rimarranno dovuti i contributi di finanziamento della NASpI, sia relativamente alla misura ordinaria dell’1,40%, sia della misura aggiuntiva dello 0,5% in occasione di ciascun rinnovo.

Apprendistato in cicli stagionali

Ai sensi dell’art. 44, comma 5, decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, per i datori di lavoro che svolgono la propria attività in cicli stagionali, i contratti collettivi ex art. 51, T.U., possono prevedere specifiche modalità di svolgimento del contratto di apprendistato anche a tempo determinato.

Esempio
A titolo esemplificativo, ai sensi dell’art. 74 del CCNL Pubblici esercizi FIPE, è ammessa, fermo restando il limite massimo di durata previsto, la stipula di rapporti di apprendistato da svolgersi in più stagioni, attraverso più rapporti a tempo determinato, l’ultimo dei quali dovrà comunque avere inizio entro quarantotto mesi consecutivi di calendario dalla data di prima assunzione.

aturalmente, tale tipologia contrattuale è utilizzabile con soggetti di età compresa tra i 18 e i 29 anni, e consente l’applicazione della contribuzione ridotta, tipica di tale tipologia contrattuale, per tutta la durata del rapporto.

Nota Bene
Nei confronti dei lavoratori in apprendistato stagionale, l’impegno formativo si determina riproporzionando il monte ore in base alla durata effettiva di ogni singolo rapporto di lavoro

Lavoratori extra

Per l’esecuzione di speciali servizi di durata non superiore a tre giorni, nei settori del turismo e dei pubblici esercizi, nei casi espressamente previsti dal contratto collettivo, è possibile ricorrere ai c.d. lavoratori extra.

La previsione di tale tipologia contrattuale è esclusa dalla generale disciplina dei rapporti a tempo determinato dall’art. 29, comma 2, lett. b), decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, e la sua regolamentazione è, sostanzialmente, interamente demandata alla contrattazione collettiva applicabile.

Rimanendo, come nel precedente paragrafo, sul CCNL Pubblici Esercizi FIPE, la regolamentazione dei c.d. lavoratori extra è contenuta nell’art. 104, secondo cui rientrano nella fattispecie in argomento le attività di speciali servizi non superiori a tre giorni svolti nell’ambito di:

  • banqueting;
  • meeting, convegni, fiere, congressi, manifestazioni, presenze di gruppi, nonché eventi similari;
  • attività di assistenza e ricevimento agli arrivi e alle partenze in porti, aeroporti, stazioni ed altri luoghi similari;
  • prestazioni rese in occasione dei fine settimana;
  • prestazioni rese in occasione delle festività;
  • ulteriori casi individuati dalla contrattazione integrativa, territoriale e/o aziendale.
Attenzione
Quanto agli oneri contributivi, per i lavoratori extra non è dovuto il contributo addizionale NASpI né l’eventuale incremento previsto per i rinnovi. L’assunto è stato confermato dall’Istituto previdenziale nella circolare n. 91/2020 e nel messaggio n. 913/2025.

Picchi di lavoro: il ricorso al lavoro intermittente

Per far fronte a picchi di lavoro e dar “supporto” ai c.d. dipendenti fissi, è possibile ricorrere al contratto di lavoro intermittente, di cui all’art. 13 e ss., decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81.

Come noto – sinteticamente – tale tipologia contrattuale consente di alternare periodi di inattività e di svolgimento della prestazione lavorativa, consentendo di riproporzionare il costo del lavoro rispetto alle effettive ore di lavoro prestate.

Nota Bene
Al lavoratore intermittente, con o senza indennità di disponibilità, sono comunque assicurati tutti gli istituti di retribuzione diretta, indiretta e differita. Resta, comunque inteso che, pur vigendo l’obbligo di trasmissione dei flussi Uniemens per tutto il periodo oggetto del contratto, nei mesi di integrale inattività, la retribuzione (in assenza di indennità di disponibilità) sarà pari a zero.

 

Il rapporto di lavoro intermittente può essere stipulato tassativamente in presenza:

  • di condizioni c.d. oggettive, ovverosia nel caso di prestazioni con carattere discontinuo individuate dai contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati dalle OO.SS. comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, ovvero per mansioni o attività contenute nella tabella allegata al Regio Decreto 6 dicembre 1923, n. 2957, per espresso rinvio del decreto ministeriale 23 ottobre 2004;
  • di requisiti c.d. soggettivi, con riferimento all’età anagrafica del lavoratore, che deve necessariamente essere inferiore a 24 anni (23 anni e 364 giorni) oppure superiore a 55 anni.
Attenzione
Nelle ipotesi in cui tale tipologia contrattuale venga utilizzata per le prestazioni rese da un lavoratore di età inferiore ai 24 anni l’attività potrà essere espletata non oltre il 25° anno di età. Al raggiungimento di detto limite è legittimo, eventualmente, recedere dal rapporto di lavoro.

Si rammenta che è ammesso per ciascun lavoratore con il medesimo datore di lavoro, un periodo effettivamente lavorato non superiore a quattrocento giornate nell'arco di tre anni solari.

Fanno eccezione le aziende dei settori turismo, pubblici esercizi e spettacolo. Ai fini del calcolo delle quattrocento giornate, il conteggio va effettuato a ritroso di tre anni, a partire dal giorno in cui si richiede la prestazione (Interp. Min. Lav. n. 26/2014).

Nel caso di chiamata, sarà obbligo del datore di lavoro trasmettere, prima dell’inizio della prestazione lavorativa o di un ciclo integrato di prestazioni, per una durata complessiva non superiore a trenta giorni, il modello uni-intermittente:

  • tramite il portale del ministero del lavoro e delle politiche sociali;
  • tramite email all’indirizzo intermittenti@pec.lavoro.gov.it (nota INL 9 ottobre 2019, n. 8716);
  • tramite sms al numero 339-9942256.
Nota Bene
Il contratto intermittente rappresenta una fattispecie contrattuale a sé stante, sicché in presenza di rapporti a chiamata a tempo determinato non sono applicabili le ordinarie regole tipiche dei rapporti a termine (es. stop and go, causali, etc.). In tale ultimo caso, rimane comunque fermo l’obbligo di finanziamento della NASpI, fatta eccezione per il contributo aggiuntivo dello 0,5% legato al numero di “rinnovi”.

PrestO: i casi di utilizzo

Il contratto di prestazione occasionale, da non confondersi con il lavoro autonomo occasionale ex art. 2222, Codice Civile, è utilizzabile da professionisti, lavoratori autonomi, imprenditori, associazioni ed altri enti di natura pubblica e privata.

Ai sensi del comma 14, decreto legge 24 aprile 2017, n. 50, come da ultimo modificato dall’art. 37, comma 1, decreto legge 4 maggio 2023, n. 48, è vietato il ricorso al contratto di prestazione occasionale:

  • da parte di utilizzatori che abbiano alle proprie dipendenze più di 10 lavoratori subordinati a tempo indeterminato (ivi incluse le imprese del settore alberghiero/ricettivo);
  • in deroga al punto precedente, da parte di utilizzatori appartenenti ai settori dei congressi, fiere, eventi, stabilimenti termali e parchi divertimento, che abbiano alle proprie dipendenze fino a 25 dipendenti;
  • da parte di imprese del settore agricolo, salvo disciplina transitoria specifica;
  • da parte di imprese dell’edilizia e settori affini, nonché per le imprese esercenti attività di escavazione o lavorazioni di materiale lapideo o del settore minerario, cave e torbiere;
  • nell’ambito dell’esecuzione di appalti di opere e servizi.

Per il contratto di prestazione occasionale, la misura del compenso non potrà essere inferiore a 9,00 euro netti orari e non potrà avere una durata inferiore a 4 ore. Pertanto, il costo orario sostenuto dall’utilizzatore per singola ora sarà pari a 12,41 euro ovverosia:

  • 9 euro netti orari quale compenso per il prestatore;
  • 2,97 euro a titolo di contribuzione IVS alla Gestione separata INPS (33%);
  • 0,32 euro per il premio assicurativo INAIL (3,50%);
  • 1% dei predetti importi quale onere di gestione della prestazione occasionale e per l’erogazione del compenso.

L’utilizzatore del contratto di prestazione occasionale, almeno 60 minuti prima dell’inizio dello svolgimento della prestazione lavorativa, comunicherà – sempre per il tramite della piattaforma informatica INPS ovvero tramite i servizi di contact center – le seguenti informazioni:

  • dati identificativi del prestatore;
  • misura del compenso pattuita;
  • il luogo di svolgimento della prestazione lavorativa;
  • la data e l’ora di inizio e di termine della prestazione lavorativa;
  • il settore di impiego del prestatore;
  • eventuali ulteriori informazioni per la gestione del rapporto di lavoro.

I limiti economici, riferiti all’anno di svolgimento della prestazione lavorativa, corrispondono:

  • per ogni prestatore, con riferimento al totale degli utilizzatori, a compensi di importo non superiore a 5mila euro;
  • per ogni utilizzatore, con riferimento al totale dei prestatori, a compensi di importo non superiore a 10mila euro (escluse dal limite le società sportive che utilizzano steward negli stadi);
  • per ogni utilizzatore del settore congressi, fiere, eventi, stabilimenti termali e parchi divertimento con riferimento al totale dei prestatori, a compensi di importo non superiore a 15mila euro;
  • per il totale delle prestazioni rese da ogni prestatore in favore dello stesso utilizzatore, a compensi di importo non superiore a 2.500 euro (elevato a 5mila euro per le prestazioni degli steward presso società sportive).

Questi importi sono riferiti ai compensi percepiti dal prestatore al netto di contributi, premi assicurativi e costi di gestione.

Nota Bene
Quanto ai limiti economici, si evidenzia l’art. 54-bis, comma 8, consente di computare nella misura del 75% dell’importo, ai soli fini del limite di compenso annuo erogabile da ciascun utilizzatore con riguardo alla totalità dei prestatori, le prestazioni rese dalle seguenti categorie di soggetti:
  • titolari di pensione di vecchiaia o invalidità;
  • giovani con meno di 25 anni di età, se regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso un istituto scolastico di qualsiasi ordine e grado, ovvero a un ciclo di studi universitari;
  • persone disoccupate ai sensi dell’art. 19, decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 150;
  • percettori di prestazioni integrative del salario, di reddito di inclusione ovvero di altre prestazioni a sostegno del reddito.
Affinché le prestazioni rese dai predetti soggetti vengano computate nella minor quota del 75%, gli stessi dovranno autocertificare la relativa condizione all’atto della propria registrazione nella piattaforma informatica dell’Istituto previdenziale.
Si rammenta che non possono essere acquisite prestazioni di lavoro occasionale da soggetti con i quali l’utilizzatore abbia in corso o abbia cessato da meno di 6 mesi un rapporto di lavoro subordinato ovvero una collaborazione coordinata e continuativa.

 

QUADRO NORMATIVO

Decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81

Decreto del Presidente della Repubblica 7 ottobre 1963, n. 1525

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