Aumento di capitale senza esclusione del socio moroso

Pubblicato il 30 gennaio 2020

Il socio di Srl che sia moroso nei versamenti dovuti a titolo di conferimento per debito da sottoscrizione di aumento di capitale non può essere escluso dalla società.

Si deve considerare, infatti, che egli è titolare della partecipazione sociale sin dalla costituzione della compagine societaria.

Ferma, così, la permanenza del socio in società per la quota già posseduta, l'assemblea deve eventualmente deliberare la riduzione del capitale sociale solo per la misura corrispondente al debito di sottoscrizione derivante dall'aumento non onorato, “fatto salvo solo il caso in cui lo statuto preveda l'indivisibilità della quota”.

Lo ha precisato la Corte di cassazione, con sentenza n. 1185 depositata il 21 gennaio 2020, nell’accogliere il ricorso promosso da un socio di Srl contro la deliberazione con cui l'amministratore della società, una volta accertato il suo inadempimento al versamento dovuto a seguito della sottoscrizione di un aumento di capitale, aveva disposto, in mancanza di compratori, l'esclusione del socio medesimo, con trattenimento delle somme riscosse.

Mora del socio: diritto di voto viene meno, rimane diritto di controllo

Nella medesima decisione gli Ermellini hanno enunciato anche un ulteriore principio di diritto, in tema di diritto di voto in capo al socio moroso.

Il socio moroso di società a responsabilità limitata - si legge nella sentenza - “non è ammesso, secondo il disposto dell'art. 2466 c.c., ad esprimere il proprio voto nelle decisioni e deliberazioni assembleari, ma non perde anche il diritto di controllo sugli affari sociali, ai sensi dell'art. 2476, comma 2, c.c., sino a che egli resti parte della compagine societaria in esito al procedimento intrapreso dagli amministratori”.

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