False fatture e contabilità parallela: legittimo il licenziamento del dirigente

Pubblicato il 25 agosto 2025

La creazione e gestione di fondi occulti rappresenta, di per sé, una condotta gravemente lesiva del vincolo fiduciario che caratterizza il rapporto dirigenziale, e risulta quindi sufficiente a integrare la giusta causa di licenziamento.

Con ordinanza n. 23667 del 21 agosto 2025, la Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, ha confermato la legittimità del licenziamento per giusta causa irrogato a un dirigente d’azienda per fatti gravi compiuti nella sua pregressa veste di amministratore.

False fatture: la Cassazione conferma il licenziamento del dirigente

Il caso esaminato

La vicenda giudiziaria all'esame della Suprema Corte riguardava una complessa operazione di falsa fatturazione e contabilità parallela, collegata alla gestione di sponsorizzazioni sportive, che aveva determinato danni erariali significativi e alterazioni nelle dichiarazioni fiscali della società.

Nella specie, i fatti contestati al dirigente concernevano la tenuta di una contabilità parallela al fine di ottenere un guadagno personale e l'omessa informazione ai nuovi organi di amministrazione.

La valutazione della Corte d'Appello

La Corte d’Appello aveva ritenuto che le condotte del dirigente avessero causato un danno all’Erario, poiché avevano alterato le dichiarazioni fiscali della società.

Tali fatti, per la loro gravità, costituivano giusta causa di licenziamento: il dirigente aveva infatti agito in modo infedele, sfruttando il proprio ruolo di amministratore per fini personali, a discapito degli interessi dell’azienda. Questo comportamento aveva compromesso in modo irreversibile il rapporto fiduciario con il datore di lavoro, elemento essenziale nel rapporto dirigenziale.

Per i giudici di merito, era irrilevante che si fosse trattato di comportamenti eseguiti con l'avallo della società, dovendosi considerare il mutamento nel frattempo intervenuto nella composizione e nella gestione della compagine.  

Inoltre, l'imputazione alla società della condotta illecita dell'amministratore non poteva giustificare l'irrilevanza dell'addebito e neppure l'eccezione di tardività della contestazione.

Il ricorso del dirigente

Il dirigente aveva presentato ricorso alla Corte di Cassazione contestando la sentenza d’appello.

Tra i motivi, aveva sostenuto che gli illeciti contestati erano estranei al rapporto di lavoro, commessi nella veste di socio amministratore con l’avallo dei vertici societari. Inoltre, al momento del licenziamento, egli non ricopriva più quella carica, ritenendo perciò ingiustificata la rilevanza disciplinare delle condotte ai fini del recesso.

La decisione della Cassazione

La Cassazione ha giudicato infondate tali doglianze.

Valutazione del giudice di merito

In primo luogo, la Corte ha ricordato che, nei casi di licenziamento per giusta causa o giustificato motivo soggettivo, spetta al giudice di merito valutare la gravità dei fatti contestati. Questa valutazione è un accertamento di fatto e la Cassazione non può intervenire, a meno che non vi siano errori logici o violazioni di legge nella motivazione della sentenza.

Rilevanza disciplinare dei comportamenti extralavorativi

La Suprema corte ha poi ribadito che la giusta causa di licenziamento può fondarsi anche su condotte estranee alla prestazione lavorativa, quando esse siano oggettivamente idonee a compromettere in modo irreparabile il vincolo fiduciario tra datore di lavoro e dirigente.

Secondo la Suprema Corte, infatti, la natura extralavorativa della condotta non esclude di per sé la rilevanza disciplinare, in particolare quando si tratta di comportamenti illeciti gravi, posti in essere in un contesto societario e idonei a produrre effetti negativi permanenti sulla struttura organizzativa e sulla reputazione dell’impresa.

Nella specie, le azioni imputate al dirigente – tra cui la creazione di una contabilità parallela, l’emissione di fatture false e la mancata informazione ai nuovi amministratori – avevano avuto, infatti, ripercussioni concrete sulla vita e sulla trasparenza aziendale, determinando un danno erariale e un vulnus alla legalità fiscale e amministrativa.

La Cassazione ha inoltre osservato che, in materia di responsabilità dirigenziale, il criterio valutativo è particolarmente severo, in ragione del grado elevato di autonomia, responsabilità e affidabilità richiesto dal ruolo.

Ne consegue che anche una condotta compiuta in un ambito formalmente diverso (come quello dell’amministrazione societaria) può riverberarsi sulla posizione dirigenziale, rendendo legittimo il licenziamento per giusta causa.

Era quindi corretta la valutazione della Corte d'appello, secondo la quale gli illeciti commessi dall'amministratore (che era anche dipendente) avevano prodotto un conflitto di interessi e non potevano ritenersi irrilevanti per il solo fatto di essere stati compiuti col consenso degli altri organi sociali.

Ininfluenza della cessazione della carica di amministratore  

Un passaggio centrale dell’ordinanza è rappresentato dalla valutazione sull’influenza del pregresso incarico di amministratore.

La Corte, come anticipato, ha ritenuto irrilevante il fatto che al momento del recesso il dirigente non rivestisse più tale funzione, osservando che la lesione del vincolo fiduciario non si esaurisce con la cessazione formale della carica, ma permane se la condotta pregressa incide sull’affidabilità professionale attuale del soggetto.

In questa prospettiva, la Cassazione ha confermato che la fiducia è un bene giuridico ad alta intensità nel rapporto dirigenziale, e che la sua rottura può giustificare il recesso immediato anche a distanza di tempo, qualora emergano comportamenti gravi che ne mettano in dubbio l’integrità e la lealtà.

La Corte ha inoltre richiamato una consolidata giurisprudenza, secondo la quale la creazione di fondi occulti e la falsificazione della contabilità costituiscono condotte sempre antigiuridiche, in quanto violano principi fondamentali dell’ordinamento giuridico, a prescindere dall’eventuale rilevanza penale e dalla tolleranza interna all’azienda.

L'ordinanza, in sintesi

Sintesi del caso Questione dibattuta Soluzione della Corte di Cassazione
Un dirigente è stato licenziato per giusta causa nel 2017 per aver, nella sua pregressa veste di amministratore, creato e gestito una contabilità parallela ed emesso false fatture a fini personali, con conseguente alterazione delle dichiarazioni fiscali e danno erariale. Se condotte extralavorative, compiute durante un precedente incarico di amministrazione e con il consenso della società, possano costituire giusta causa di licenziamento disciplinare, anche se il dirigente non rivestiva più quella carica al momento del recesso. La Corte ha confermato la legittimità del licenziamento. Ha affermato che la giusta causa può basarsi anche su comportamenti extralavorativi se idonei a compromettere in modo irreparabile il vincolo fiduciario. È irrilevante la cessazione della carica, se la condotta pregressa incide sull’affidabilità del dirigente nel ruolo ancora ricoperto.
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