E’ legittima la statuizione di merito con cui il datore di lavoro venga condannato per responsabilità contrattuale al risarcimento del danno biologico e morale subito dal dipendente in conseguenza dell’esposizione a fumo passivo in ambito aziendale, qualora il datore medesimo, a fronte di specifiche argomentazioni, si sia limitato a richiamare il fatto di aver adottato circolari o disposizioni organizzative in materia, senza dimostrare, per contro, di aver effettivamente inflitto delle sanzioni disciplinari su tale fronte.
In detta ipotesi, infatti, deve ritenersi che il datore non abbia fornito la prova che gli incombeva a norma dell’articolo 1218 del Codice civile, secondo cui “il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno se non prova che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile”.
Sulla base di questo assunto, la Corte di cassazione, con la sentenza n. 4211 depositata il 3 marzo 2016, ha confermato una statuizione del giudice di merito di condanna di una società al risarcimento del danno biologico e morale da fumo passivo subito da un dipendente.
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