Illecito utilizzo dei dati personali: è reato anche se il danno non è rilevante
         Pubblicato il 13 marzo 2015
        
        La Corte di Cassazione, terza sezione penale, con sentenza 
n. 10485 depositata il 12 marzo 2015, ha confermato la condanna del dipendente di una società assicurativa per il 
reato di cui all’art. 167 D.Lgs. 196/2003, per avere lo stesso, in occasione della predisposizione di un contratto di assicurazione, 
illecitamente utilizzato i dati sensibili di alcuni clienti.
Con la pronuncia in esame, la Cassazione, condividendo quanto argomentato dalla Corte d’Appello, ha qui ritenuto sussistere il 
nocumento delle parti offese, nella segnalazione dei loro nominativi alla Centrale dei Rischi e nella divulgazione dei loro dati ad un numero indeterminato di soggetti.
Ed a nulla è valsa la censura dell’imputato ricorrente, secondo cui non vi sarebbe stato, nel caso di specie, 
alcun danno all’immagine delle parti offese, posto che 
le stesse erano state già risarcite dei pur minimi danni economici subiti dalla illecita divulgazione ed avevano persino ritirato la querela, nonché la costituzione di parte civile.
Ma la Cassazione ha tuttavia precisato, nel rigettare il ricorso, come il constato 
nocumento – quale elemento essenziale integrante  la fattispecie di reato constatata – 
è concetto più ben ampio rispetto al 
danno, qui asseritamene 
minimo e comunque risarcito. 
Il 
nocumento abbraccia infatti 
qualsiasi evento pregiudizievole che possa conseguire alla 
arbitraria condotta invasiva altrui.
Ciò detto, possono essere dunque 
penalmente rilevanti anche quelle 
condotte che, pur intrusive, siano tuttavia rimaste 
prive di rilevanti conseguenze.