Meno ricavi da studio di settore se vi è concorrenza diretta

Pubblicato il 13 febbraio 2012 La Commissione tributaria regionale toscana, con la sentenza n. 426/1/2011, interviene su un caso di avviso di accertamento emesso dal Fisco nei confronti di un negozio di abbigliamento giovanile. Alla Srl titolare del negozio è stata contestata una maggiore Ires, Irap e Iva, sulla base delle risultanze dello studio di settore.

La Società ha impugnato l'atto prima dinanzi alla Ctp, che ha respinto il ricorso e, successivamente in appello, evidenziando nel suo ricorso alcune cause straordinarie che avevano inciso sull’attività d’impresa tanto da portare fino alla sua cessazione.

La Ctr Toscana, nel ridimensionare la pretesa dell'ufficio, sostiene che i minori ricavi dichiarati dalla Srl – rispetto agli studi di settore – erano stati causati dal fatto che la stessa linea di abbigliamento giovanile era venduta da altri esercizi della stessa zona e in alcuni grandi centri commerciali a prezzi di mercato inferiori.

La concorrenza degli altri punti vendita, che praticano prezzi inferiori, ha progressivamente distolto clientela dall'esercizio commerciale accertato, contribuendo all’abbattimento del fatturato. Ne deriva che la pretesa dell'ufficio dei maggiori ricavi è stata ridimensiona anche se il Fisco nelle proprie controdeduzioni aveva dimostrato che gli elementi raccolti risultavano “gravi, precisi e concordanti” anche a causa di alcune irregolarità riscontrate nella contabilità della società accertata.

Per i giudici toscani, dunque, il contenzioso su un accertamento da studi è da considerare un processo di "impugnazione-merito" e non di "impugnazione-annullamento" dell'atto.
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