Nella pattuizione privata tra inquilino e proprietario per fissare il canone reale d'affitto può ravvisarsi un abuso del diritto

Pubblicato il 04 gennaio 2014 La Terza sezione civile di Cassazione, con ordinanza interlocutoria n. 37 depositata il 3 gennaio 2014, ha rimesso al Primo presidente, per l'eventuale trasmissione alle Sezioni unite, una questine sorta nell'ambito di una causa civile sulla validità degli accordi privati tra locatore e conduttore di immobili per fissare il canone reale d'affitto differenziandolo da quello registrato.

I giudici della Terza sezione, in particolare, hanno ravvisato la necessità di superare l'orientamento interpretativo delineato dalla Cassazione medesima con la sentenza n. 16089 del 2003 secondo cui l'ulteriore scrittura privata tra le parti sarebbe valida e vincolante non rilevando, nei rapporti tra le parti, la totale omissione dell'adempimento fiscale. Secondo la Corte, infatti, occorrerebbe tenere conto dell'evoluzione interpretativa di legittimità successivamente maturata in tema di causa concreta del contratto e abuso del diritto.

Ciò che sarebbe opportuno evitare – si legge nel testo dell'ordinanza – è la sussistenza di un contrasto come quello evidenziato che, in una materia connotata dalla diffusissima contrattazione e caratterizzata da un'accentuata litigiosità, sarebbe “potenzialmente foriero di disorientanti oscillazioni interpretative che potrebbero conseguirne”.

La pattuizione privata tra inquilino e proprietario per fissare il canone reale d'affitto, infatti, potrebbe ben costituire un comportamento elusivo della pretesa fiscale che rientra a pieno titolo nel concetto di abuso del diritto.
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