No al licenziamento se le parole offensive rivolte al superiore sono dettate dall’ira per ingiustizia subita

Pubblicato il 12 febbraio 2015 Non può essere licenziabile il dipendente che - ritenendosi vittima di una maliziosa delazione e, perciò, in stato di turbamento psichico transitorio - in preda ad un atto d’ira si sia rivolto al suo superiore gerarchico, che l'aveva invitato a collaborare per una serenità lavorativa nel reparto, con voce alterata e con parole offensive e volgari.

Questo è quanto ha stabilito la Corte di Cassazione, con sentenza n. 2692 dell’11 febbraio 2015, ritenendo che il caso di specie sia riconducibile all’insubordinazione lieve, atteso che non c’è stata alcuna contestazione dei poteri dello stesso superiore e che non è stata rifiutata la prestazione lavorativa, per cui si deve ritenere non ammissibile la sanzione espulsiva che priverebbe il lavoratore e la sua famiglia dei mezzi di sostentamento.
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