Omesso versamento di ritenute: sanzioni legittime per la Consulta
Pubblicato il 09 luglio 2025
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Omesso versamento di ritenute previdenziali: la Corte costituzionale legittima le sanzioni amministrative: infondata la questione di legittimità sul minimo edittale.
Corte costituzionale: ok alla sanzione su ritenute non versate
Con la sentenza n. 103 dell’8 luglio 2025, la Corte costituzionale ha ritenuto conforme a Costituzione l’art. 2, comma 1-bis, del D.L. n. 463/1983, nella parte in cui prevede una sanzione amministrativa pecuniaria da una volta e mezza a quattro volte l’importo omesso per i datori di lavoro che non versano le ritenute previdenziali e assistenziali entro la soglia di € 10.000 annui.
La questione sollevata dal Tribunale di Brescia
Il Tribunale ordinario di Brescia, in funzione di giudice del lavoro, aveva sollevato dubbi di costituzionalità in riferimento all’art. 3 della Costituzione, ravvisando nel minimo edittale della sanzione amministrativa una sproporzione rispetto alla gravità dell’illecito.
Il giudice rimettente riteneva che la rigidità del minimo impedisse una graduazione adeguata alla condizione soggettiva del trasgressore, specialmente nei casi in cui l’omissione dipenda da difficoltà finanziarie.
Inoltre, si prospettava l’irragionevolezza di un trattamento sanzionatorio più afflittivo rispetto a quello previsto per l’omissione penalmente rilevante (oltre i € 10.000), ove convertita in sanzione pecuniaria.
La disamina della Consulta
La Corte costituzionale ha rigettato la questione di legittimità costituzionale, ritenendola priva di fondamento.
Nella motivazione, la Corte ha sottolineato come il legislatore goda di un’ampia libertà decisionale nella determinazione del trattamento sanzionatorio, una discrezionalità che si estende anche all’ambito degli illeciti amministrativi.
Ha evidenziato, inoltre, che il minimo edittale previsto dalla norma censurata, pur rappresentando una misura incisiva, risulta comunque giustificato dalla gravità della condotta sanzionata. In particolare, l’omesso versamento delle ritenute da parte del datore di lavoro costituisce una sottrazione indebita di somme che appartengono già al lavoratore e che sono finalizzate a garantirgli prestazioni previdenziali e assistenziali essenziali.
La valutazione sulla proporzionalità della sanzione, ha aggiunto la Corte, deve essere condotta tenendo conto del livello di protezione assicurato ai diritti costituzionali implicati, come quelli al lavoro e alla tutela previdenziale e assistenziale, sanciti dagli articoli 1, 4, 35 e 38 della Costituzione.
La misura della sanzione minima - si legge nella decisione - "appare giustificata, in quanto commisurata al rango del bene protetto dalla norma".
Infine, la Corte ha ritenuto inappropriato il raffronto proposto dal giudice rimettente tra la sanzione amministrativa e la pena detentiva convertita in sanzione pecuniaria, prevista per il reato di omesso versamento oltre soglia.
Secondo la Consulta, tale comparazione è puramente aritmetica e non tiene conto delle profonde differenze strutturali e funzionali tra la responsabilità amministrativa e quella penale, le quali producono effetti giuridici distinti e implicano un diverso grado di afflittività.
L'astratta possibilità - ha puntualizzato la Consulta - "che, sul piano aritmetico e a prescindere dalla correttezza del criterio di conguaglio utilizzato, si verifichi l’evenienza paventata dal rimettente non è significativa di una maggiore afflittività della sanzione amministrativa e, di conseguenza, non vale a far ritenere irragionevole la previsione sanzionatoria censurata".
Nessuna violazione del principio di ragionevolezza
Secondo la Consulta, in definitiva, non è irragionevole che la sanzione minima venga applicata anche a omissioni di importo contenuto, essendo tale rigidità tipica di ogni sistema sanzionatorio con cornici edittali.
Inoltre, circostanze eccezionali che incidono sulla volontarietà dell’omissione non incidono sul quantum della sanzione, ma possono escludere la responsabilità stessa, ai sensi dell’art. 3 della Legge n. 689/1981, in assenza dell’elemento soggettivo.
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