Ricollocazione dei richiedenti asilo. La Corte di giustizia conferma le misure a sostegno di Italia e Grecia

Pubblicato il 07 settembre 2017

La Grande Sezione della Corte di Giustizia dell’Unione europea, con sentenza depositata il 6 settembre 2017 nelle cause riunite C‑643/15 e C‑647/15, ha respinto i ricorsi presentati dalla Repubblica slovacca e dall’Ungheria ai fini dell’annullamento della decisione (UE) 2015/1601 del Consiglio, del 22 settembre 2015, istitutiva di misure temporanee nel settore della protezione internazionale a beneficio dell’Italia e della Grecia.

La decisione in oggetto prevede, conformemente al principio di solidarietà e di equa ripartizione della responsabilità tra Stati membri, alcune misure temporanee al fine di sostenere i due Paesi citati nella gestione dei forti flussi migratori nei loro territori nell’ambito della crisi migratoria iniziata nel 2015.

Con la decisione, ricollocazione di 120mila richiedenti

Le misure previste riguardano la ricollocazione dall’Italia e dalla Grecia derogando temporaneamente alla norme europee sui criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide.

Nell’introduzione della pronuncia della Corte, viene spiegato che attraverso il meccanismo previsto nella decisione, viene alleviata la forte pressione sul sistema di asilo di Italia e Grecia, “ricollocando un numero significativo di richiedenti in evidente bisogno di protezione internazionale che arriveranno nel territorio dell’Italia o della Grecia dopo la data di applicazione della presente decisione”.

Lo stesso, sulla base del numero complessivo di cittadini di paesi terzi entrati in modo irregolare in Italia e in Grecia nel 2015 e al numero di persone in evidente bisogno di protezione internazionale, permetterebbe, su un periodo di due anni, la ricollocazione dall’Italia e dalla Grecia, in totale, di 120mila richiedenti in evidente bisogno di protezione internazionale, ossia circa il 43% del numero totale di cittadini di paesi terzi in evidente bisogno di protezione entrati irregolarmente nei due Paesi beneficiari.

Il ricorso e la pronuncia della Corte

La Slovacchia e l’Ungheria, che già avevano votato in seno al Consiglio contro l’adozione della decisione in oggetto, ne hanno chiesto l’annullamento deducendo sia vizi procedurali in relazione alla sua adozione sia la sua inidoneità a rispondere alla crisi migratoria.

E la Corte di giustizia ha respinto tutti questi motivi con sentenza pronunciata dalla Grande sezione.

In primo luogo, è stato sottolineato come la decisione impugnata è stata adottata nel quadro di una procedura non legislativa e costituisce, pertanto, un atto non legislativo. Ricordato, quindi, che l’articolo 78, paragrafo 3, TFUE consente alle istituzioni dell’Unione di adottare tutte le misure temporanee necessarie a rispondere in modo effettivo e rapido ad una situazione di emergenza caratterizzata da un afflusso improvviso di migranti come quella in esame.

Poiché, inoltre, la decisione impugnata costituisce, come ricordato, un atto non legislativo, la sua adozione non era assoggettata ai requisiti riguardanti la partecipazione dei parlamenti nazionali e il carattere pubblico delle deliberazioni e dei voti in seno al Consiglio e non era nemmeno necessaria l’unanimità.

Per quanto riguarda l’idoneità delle misure, i giudici europei hanno, infine, sostenuto che il meccanismo di ricollocazione non costituisca una misura “manifestamente inadatta” nell’obiettivo di aiuto di Grecia e Italia ad affrontare le conseguenze della crisi migratoria.

Inoltre – per come anche si apprende nel testo del comunicato stampa diffuso in pari data- la validità della decisione non poteva essere rimessa in discussione sulla base di valutazioni retrospettive riguardanti il suo grado di efficacia, né poteva ritenersi che il Consiglio fosse incorso in errore manifesto di valutazione nel considerare che l’obiettivo perseguito dalla decisione non poteva essere realizzato da misure meno restrittive.

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