Con la nota n. 9 del 18 aprile 2025, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali affronta il tema della classificazione giuridica e delle tutele applicabili ai rider, lavoratori delle piattaforme digitali oggetto molto spesso di incertezze e lacune normative.
Ecco allora che l’intervento del ministero scioglie alcuni dubbi, pur lasciando spazio a diverse prospettive future che dovessero realizzarsi per eventualli ulteriori interventi del legislatore.
Il ministero riconosce l’eterogeneità delle prestazioni rese tramite piattaforme digitali, sottolineando come le forme contrattuali adottate non siano sempre rappresentative della natura effettiva del rapporto di lavoro; in tale contesto, la nota n. 9 del 18 aprile 2025 vuole dunque offrire una linea interpretativa che consenta di garantire, in ogni caso, un adeguato livello di tutela ai lavoratori a prescindere dal contratto formalmente stipulato.
Punto di partenza è il decreto legislativo n. 81 del 15 giugno 2015, in particolare l’articolo 2 e il Capo V-bis, disposizioni che rappresentano il principale riferimento per l’inquadramento delle forme contrattuali flessibili e delle collaborazioni etero-organizzate.
L’articolo 2 stabilisce che, nei casi in cui la prestazione lavorativa sia svolta con modalità organizzate dal committente, anche in assenza di vincolo di subordinazione formale si applica la disciplina del lavoro subordinato.
Questo principio ha l’evidente scopo di contrastare fenomeni di elusione normativa, riconducendo alla disciplina lavoristica tutte quelle fattispecie che, pur mascherate da contratti autonomi, presentano tutte le caratteristiche tipiche della subordinazione.
Il Capo V bis è invece dedicato specificamente alla disciplina delle prestazioni svolte tramite piattaforme digitali, distinguendo tra:
Tale assetto normativo è stato pensato per tenere conto della particolare configurazione delle attività svolte attraverso le piattaforme digitali, che spesso si collocano in un’area grigia tra lavoro autonomo e subordinato.
La diffusione del lavoro tramite piattaforme digitali ha reso evidente l’inadeguatezza delle categorie giuridiche tradizionali nel rappresentare le nuove forme di lavoro flessibile.
La stessa nota n. 9 del 18 aprile 2025 riconosce apertamente questa criticità, invitando a considerare la reale modalità di esecuzione della prestazione lavorativa più che la qualifica formale del contratto.
Il documento ministeriale sottolinea infatti come l’attività dei rider possa essere altamente eterogenea, con gradi molto diversi di autonomia, di dipendenza organizzativa e di integrazione nei sistemi delle piattaforme.
Per questo motivo, ogni caso deve essere valutato singolarmente in un’ottica sostanziale e non meramente formale.
Le tre principali forme contrattuali: subordinato, parasubordinato, autonomo
Il sistema giuridico italiano distingue tre macro-categorie di rapporti di lavoro.
Implicazioni pratiche in termini di tutele per i lavoratori digitali
L’identificazione corretta del rapporto di lavoro ha implicazioni dirette sulle tutele riconosciute.
Un lavoratore erroneamente qualificato come autonomo, pur operando in condizioni simili a un dipendente, può essere infatti privato di importanti diritti:
In linea con la raccomandazione n. 198/2006 dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL), l’analisi giuridica deve dare prevalenza alla realtà sostanziale del rapporto, indipendentemente dalla qualificazione contrattuale attribuita dalle parti: questo quanto sostenuto dal ministero nella nota n. 9 del 18 aprile 2025.
Un impulso decisivo al processo di chiarificazione normativa proviene dalla direttiva (UE) 2024/2831 del 24 ottobre 2024, che introduce standard minimi comuni in tutta l’Unione Europea per migliorare le condizioni di lavoro dei prestatori d’opera attraverso piattaforme digitali, anche in vista della crescente incidenza della gig economy nei mercati del lavoro europei.
Obiettivi principali
1. Corretta determinazione della situazione occupazionale
Il primo obiettivo della direttiva è quello di garantire che i lavoratori impiegati tramite piattaforme abbiano una corretta classificazione giuridica.
Le autorità competenti devono essere in grado di identificare con precisione la natura del rapporto (subordinato o autonomo) sulla base di criteri oggettivi, evitando il ricorso a qualificazioni artificiose, elemento fondamentale per assicurare un accesso equo alle tutele previste dall’ordinamento, prevenendo prassi elusive che spostano il rischio imprenditoriale sul lavoratore.
2. Limitazione del lavoro autonomo fittizio
Uno dei principali rischi riscontrati nel settore è il fenomeno del lavoro autonomo fittizio, dove prestazioni che presentano tutti gli elementi della subordinazione vengono formalmente inquadrate come autonome. La Direttiva impone agli Stati membri di introdurre meccanismi efficaci per prevenire e contrastare tali situazioni.
La circolare del Ministero, anticipando questa esigenza, richiama espressamente la necessità di evitare che il formale inquadramento contrattuale prevalga sulla realtà fattuale della prestazione.
3. Protezione dei dati personali
La direttiva affronta anche il tema della protezione dei dati personali, particolarmente rilevante nel contesto delle piattaforme digitali, che raccolgono e trattano grandi quantità di dati sugli utenti e sui lavoratori.
Gli Stati membri dovranno garantire che i dati raccolti siano:
Uno degli elementi più innovativi della direttiva 2024/2831 è dunque l’introduzione della presunzione relativa di subordinazione: in presenza di determinati indizi - come la direzione dell’attività, l’organizzazione dell’orario, l’uso di strumenti forniti dalla piattaforma - il rapporto debba presumersi come subordinato, salvo prova contraria fornita dalla piattaforma.
Applicazione pratica nei procedimenti amministrativi e giudiziari
La presunzione relativa trova applicazione nei procedimenti:
In entrambi i casi, spetta alla piattaforma dimostrare l’autonomia reale del prestatore, fornendo elementi oggettivi in grado di superare la presunzione.
L’introduzione della presunzione relativa comporta un ribaltamento dell’onere della prova: non è più il lavoratore a dover dimostrare la subordinazione, ma è la piattaforma che deve fornire elementi sufficienti per dimostrare la natura autonoma della prestazione.
E’ evidente l’importante rafforzamento delle tutele per i lavoratori, soprattutto in un contesto in cui l’asimmetria informativa e contrattuale tra lavoratore e piattaforma è particolarmente marcata.
Uno dei punti centrali della nota ministeriale è il riconoscimento della natura eterogenea delle prestazioni lavorative svolte tramite piattaforma.
Il lavoro dei ciclofattorini, sebbene largamente rappresentato da attività di consegna di beni a domicilio per conto terzi, può assumere infatti forme operative molto diverse in base a fattori quali:
A questa varietà corrisponde una diversità sostanziale nelle modalità di esecuzione della prestazione, che rende problematica l’adozione di un unico modello contrattuale per tutti i lavoratori del settore.
In particolare, mentre alcuni rider godono di una certa libertà organizzativa tipica del lavoro autonomo, altri si trovano in una posizione di subordinazione materiale, con obblighi precisi imposti dall’algoritmo o dal committente, rendendoli di fatto equiparabili a lavoratori subordinati, anche in assenza di un contratto formale di lavoro dipendente.
Primato dei fatti sulla forma contrattuale
La nota richiama un principio cardine del diritto del lavoro: il primato della realtà fattuale sulla forma contrattuale, principio è coerente con la Raccomandazione n. 198/2006 dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL), secondo cui la qualificazione giuridica del rapporto deve fondarsi sulle condizioni concrete di svolgimento dell’attività e non su mere dichiarazioni formali o terminologie contrattuali.
Questo approccio sostanziale implica che, anche laddove sia stato stipulato un contratto di collaborazione o di lavoro autonomo, l’autorità ispettiva o giudiziaria può ricondurre il rapporto alla disciplina del lavoro subordinato qualora ne ricorrano i presupposti di fatto.
Gli elementi indiziari principali da considerare includono:
L’importanza della valutazione caso per caso
Proprio in considerazione della variabilità delle modalità operative, il ministero sottolinea la necessità di adottare un approccio individualizzato nella valutazione del rapporto di lavoro.
Non è possibile, infatti, applicare una qualificazione automatica e generalizzata per tutti i lavoratori delle piattaforme digitali.
Il metodo di analisi suggerito si basa sulla verifica dei seguenti aspetti:
Il ministero incoraggia anche un rafforzamento dell’attività ispettiva per garantire il corretto inquadramento dei rider: gli ispettori del lavoro sono chiamati ad analizzare in dettaglio ogni situazione, raccogliendo elementi oggettivi e documentali che attestino la natura del rapporto.
In tale contesto, la giurisprudenza di merito e di legittimità ha assunto un ruolo determinante.
In diverse pronunce, infatti, i giudici hanno riconosciuto la subordinazione di fatto nei rapporti tra rider e piattaforme, sulla base di:
La nota ministeriale si allinea a queste interpretazioni, valorizzando la giurisprudenza come fonte di orientamento per l’applicazione pratica dei principi normativi.
Azioni suggerite dal Ministero
Il Ministero propone perciò una metodologia basata sulla ricostruzione analitica delle connotazioni del rapporto di lavoro, da effettuarsi caso per caso. Questo approccio implica:
L’obiettivo è assicurare che ogni lavoratore riceva la tutela giuridica effettivamente corrispondente alla natura della propria prestazione, nel rispetto del principio di uguaglianza sostanziale e della parità di trattamento.
Al centro dell’intervento ministeriale vi è il principio, ormai consolidato, della tutela sostanziale del lavoratore, secondo cui il legislatore e l’interprete devono privilegiare la protezione del soggetto debole del rapporto rispetto a considerazioni formali o contrattuali.
Questo orientamento è coerente con l’evoluzione del diritto del lavoro come ramo dell’ordinamento diretto a riequilibrare i rapporti di forza nel mercato del lavoro e a garantire standard minimi di sicurezza, dignità e stabilità economica a tutti i prestatori.
La nota del Ministero del lavoro n. 9 del 18 aprile 2025, pur non modificando certamente l’ordinamento, introduce criteri interpretativi e metodologici destinati a incidere in modo rilevante sull’operato degli organi ispettivi, dei giudici del lavoro e degli operatori giuridici e sindacali.
La prospettiva è quella di un nuovo equilibrio regolatorio fondato sul principio di tutela sostanziale del lavoratore e su un approccio analitico e individualizzato nella qualificazione giuridica dei rapporti, impostazione che consente di superare l’eccessiva rigidità delle distinzioni formali tra lavoro subordinato, parasubordinato e autonomo, restituendo centralità ai fatti concreti e alle modalità effettive di esecuzione della prestazione.
In attesa del recepimento definitivo della Direttiva europea entro dicembre 2026, gli operatori economici e giuridici sono chiamati a prepararsi a un cambio di paradigma, che comporterà:
Sul piano pratico, ciò significa che nessuna piattaforma potrà più ritenersi esente da obblighi di analisi giuridica approfondita circa le modalità con cui vengono organizzate le prestazioni rese dai lavoratori.
Parallelamente, i rider e gli altri prestatori d’opera digitali acquisiscono maggiori strumenti per rivendicare i propri diritti, sia in sede ispettiva che giudiziale.
L’evoluzione del quadro normativo europeo e nazionale indica chiaramente che il lavoro digitale non è e non deve essere una zona grigia priva di regole, ma si configura sempre più come una dimensione produttiva pienamente soggetta alle garanzie del diritto del lavoro, nella quale la flessibilità deve coesistere con la dignità del lavoratore, la sicurezza economica e la parità di trattamento.
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