Società di comodo da provare

Pubblicato il 22 giugno 2016

La Corte di cassazione, con sentenza n. 12777 del 21 giugno 2016, rigetta il ricorso presentato dall'agenzia delle Entrate contro le pronunce delle Commissioni tributarie che hanno annullato la cartella di pagamento emessa contro una società a seguito di controllo automatizzato sul modello Unico.

La cartella di pagamento notificata al contribuente applicava le imposte previste per le società non operative, dato che questo aveva compilato il quadro RF nella sezione dedicata alla verifica dell'operatività e alla determinazione del reddito minimo dei soggetti non operativi e calcolato il reddito presunto secondo le previsioni delle norme sulle società di comodo (L. n. 724/94).

Ma la società ricorreva presso le commissioni fiscali sostenendo che la procedura seguita dall'ufficio tributario fosse errata e che comunque la società non aveva conseguito il reddito minimo previsto dal test di operatività.

Cassazione: la condizione di non operatività va riscontrata

Nella sentenza n. 12777 i giudici della Suprema Corte affermano che la condizione di società non operativa e la conseguente presunzione di reddito imponibile minimo deve essere sempre riscontrata e non viene preclusa dal fatto che la pretesa impositiva si basa su dati dichiarati dal contribuente.

La cartella di pagamento ex art. 36-bis, Dpr 600/73, ha anche natura di atto impositivo trattandosi di primo ed unico atto con cui la pretesa fiscale giunge al contribuente; pertanto può essere impugnata anche per motivi attinenti al merito.

Di conseguenza l'amministrazione finanziaria è tenuta a provare la sussistenza dei relativi presupposti.

Il ricorso dell'agenzia delle Entrate deve ritenersi inammissibile.

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