Giudicato favorevole al contribuente? Fisco tenuto allo sgravio

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Giudicato favorevole al contribuente? Fisco tenuto allo sgravio

L'accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato fa stato ad ogni effetto tra le parti, gli eredi o aventi causa.

Di conseguenza, anche il potere della Pubblica amministrazione di formarsi unilateralmente gli atti impositivi o esattivi trova un limite nel caso in cui quello stesso rapporto soggettivo ed oggettivo sul quale quegli atti vadano ad incidere sia stato oggetto di un precedente o successivo giudicato.

Difatti, benché il creditore tributario sia un creditore "speciale", in quanto abilitato ad emettere atti impositivi e a crearsi unilateralmente i titoli esecutivi per la riscossione degli importi dovuti, non vi è dubbio sul fatto che anche i rapporti d'imposta sono soggetti alla regola del giudicato in senso sostanziale.

Va escluso, ciò posto, che la forza conformativa del giudicato possa trovare un limite nelle regole che presiedono alla contestabilità, in via giurisdizionale o amministrativa, degli atti tributari.

Nei casi, quindi, di giudicato:

  • precedente, l'atto impositivo o esattivo in contrasto con la regula iuris giudizialmente ed irretrattabilmente affermata è nullo;
  • successivo, l'atto impositivo o esattivo in contrasto viene definitivamente privato della sua efficacia, divenendo, in altre parole, inefficace.

Diniego in contrasto con il giudicato? Nullo

E' sulla base di tali assunti che la Corte di cassazione, con ordinanza n. 18241 del 27 giugno 2023, ha accolto il ricorso di un contribuente, oppostosi al rigetto dell'istanza con cui lo stesso, in virtù di un sopravvenuto giudicato lui favorevole, aveva chiesto lo sgravio in autotutela dei ruoli che lo riguardavano in relazione all'Irap pretesa dall'Amministrazione finanziaria.

Secondo la Sezione tributaria della Cassazione, il provvedimento di diniego emesso dall'Amministrazione, sebbene non ricompreso nel novero degli atti impugnabili, era da considerare impugnabile in base al diritto vivente.

L'Ufficio finanziario, in primo luogo, alla luce del giudicato che aveva disposto il rimborso dell'Irap pagata dal contribuente (basato sull'accertamento che egli non poteva, per quegli anni, essere assoggettato alla detta imposta), non aveva alcun titolo per pretendere dal ricorrente ulteriori somme a titolo di Irap per le dette annualità.

L'Agenzia delle entrate, in altri termini, non avrebbe potuto fare altro che accogliere l'istanza di sgravio: la sopravvivenza del carico di ruolo nei confronti del contribuente, con riferimento all'Irap pretesa dall'amministrazione, non poteva avere alcun effetto tra le parti.

Del resto, il contribuente nei cui confronti fosse iniziata una esecuzione forzata per il recupero di un credito erariale accertato come inesistente avrebbe potuto vittoriosamente spiegare opposizione ex art. 615 c.p.c. deducendo la sopravvenuta caducazione, ad opera del giudicato, dei titoli esecutivi precedentemente formati.

Diniego di sgravio in autotutela: impugnabile

Nella specie, l'interesse attuale all'impugnazione del diniego di sgravio, senza attendere future azioni esecutive, emergeva proprio dalla motivazione del provvedimento dell'amministrazione, secondo la quale le cartelle non impugnate avrebbero avuto ancora ad oggetto, nonostante il giudicato, una pretesa valida ed esigibile.

Per la Corte, invece, era irragionevole pretendere che, nonostante il giudicato che aveva disposto il rimborso dell'Irap versata in relazione a determinate annualità, il contribuente potesse essere costretto, in via esecutiva, a versare somme a titolo di Irap in relazione alle stesse annualità oggetto del giudicato, solo perché non aveva impugnato delle cartelle emesse sulla base di ruoli formati dall'Amministrazione in epoca antecedente al giudicato.

La Suprema corte, in definitiva, ha accolto le ragioni del contribuente e, decidendo nel merito, ha annullato il diniego di sgravio in esame, cassando la decisione di merito confermativa di quest'ultimo.

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