La Corte europea dei diritti dell’uomo ha, con sentenza dell’8 ottobre 2009, condannato lo Stato russo perché aveva giudicato colpevole di diffamazione una giornalista russa che aveva pubblicato un articolo di interesse pubblico relativo al peculato di un funzionario regionale riferendo, all’interno dello scritto, della relazione omosessuale di costui con un altro funzionario.
Per Strasburgo, i giudici degli Stati membri sono chiamati a giudicare del reato di diffamazione commessi dai giornalisti prendendo a riferimento l’intero articolo pubblicato e non possono limitarsi ad estrapolare da esso solo il riferimento alla vita privata di un personaggio pubblico.
Nella realtà la giornalista aveva basato l’articolo interamente sulla sottrazione di fondi pubblici e aveva fatto menzione della relazione tra i due solo perché collegata al fatto di interesse pubblico. Illegittima, quindi, perché contraria alla Convenzione dei diritti dell’uomo sulla libertà di espressione la condanna della giornalista.
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