Interdizione prima e dopo il parto: le indicazioni dell’INL

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Dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro, le indicazioni operative per le fasi di istruttoria e valutazione dei provvedimenti di interdizione dal lavoro delle lavoratrici madri nel periodo ante e post partum.

Con la nota 8 luglio 2025, n. 5944, l’INL ha specificato le modalità e la documentazione utile per la richiesta di interdizione nel periodo correlato alla gravidanza, quale misura di protezione in relazione alle condizioni di lavoro e alle mansioni svolte.

La richiesta di interdizione può essere presentata sia dalla lavoratrice che dal datore di lavoro e il provvedimento può essere adottato qualora non sia possibile eliminare il rischio nè sia praticabile lo spostamento ad altra mansione.

La disciplina normativa è contenuta negli agli artt. 6, 7, 17, decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151.

Interdizione anticipata, ambito di applicazione

L’Ispettorato Nazionale del Lavoro riepiloga le procedure per la richiesta di interdizione anticipata in tutela della lavoratrice madre adibita a lavori pericolosi, faticosi o insalubri ovvero che comportino il trasporto e il sollevamento di pesi, così come prescritto dall’art. 7, decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151.

Al fine di circoscrivere l’ambito di applicazione, è bene rammentare che l’elenco dei lavori c.d. faticosi, pericolosi e insalubri ai sensi dell’art. 7 sopracitato, è contenuto nell’Allegato A del medesimo decreto legislativo (anche Testo Unico della maternità e paternità). Nel successivo Allegato B, invece, è contenuto l’elenco di quei lavori che comportino il rischio di esposizione ad agenti e/o condizioni di lavoro per cui è necessario procedere all’emissione di un provvedimento di interdizione anticipata.

Lavori faticosi, pericolosi, insalubri (All. A)

Agenti chimici e condizioni di lavoro (All. B)

  • trasporto sia a braccia e a spalle, sia con carretti a ruote su strada o su guida;
  • sollevamento di pesi, compreso carico e scarico;
  • lavori indicati nel d.lgs. n. 345/1999 e nel d. lgs. n. 262/2000;
  • lavori indicati nella tabella allegata al DPR n. 303/1956;
  • lavori che espongono alla silicosi e all’asbestosi ovvero ad altre malattia professionali di cui agli all. 4 e 5 DPR n. 1124/1965;
  • lavori che comportano l'esposizione alle radiazioni ionizzanti;
  • lavori su scale ed impalcature mobili e fisse;
  • lavori di manovalanza pesante;
  • lavori che comportano una stazione in piedi per più di metà dell'orario o che obbligano ad una posizione particolarmente affaticante;
  • lavori con macchina mossa a pedale, o comandata a pedale, quando il ritmo del movimento sia frequente, o esiga un notevole sforzo;
  • lavori con macchine scuotenti o con utensili che trasmettono intense vibrazioni;
  • lavori di assistenza e cura degli infermi nei sanatori e nei reparti per malattie infettive e per malattie nervose e mentali;
  • lavori agricoli che implicano la manipolazione e l'uso di sostanze tossiche o altrimenti nocive nella concimazione del terreno e nella cura del bestiame;
  • lavori di monda e trapianto del riso;
  • lavori a bordo delle navi, degli aerei, dei treni, dei pullman e di ogni altro mezzo di comunicazione in moto.

Elenco non esaustivo degli agenti e delle condizioni di lavoro.

 

Lavoratrici gestanti

Agenti

  • agenti fisici: lavoro in atmosfera di sovrapressione elevata, ad esempio in camere sotto pressione, immersione subacquea;
  • agenti biologici: toxoplasma; virus della rosolia, a meno che sussista la prova che la lavoratrice è sufficientemente protetta contro questi agenti dal suo stato di immunizzazione;
  • agenti chimici: piombo e suoi derivati, nella misura in cui questi agenti possono essere assorbiti dall'organismo umano.

 

Condizioni di lavoro:

  • lavori sotterranei di carattere minerario.

 

Lavoratrici in periodo successivo al parto.

  • Agenti chimici: piombo e suoi derivati, nella misura in cui tali agenti possono essere assorbiti dall'organismo umano.
  • Condizioni di lavoro: lavori sotterranei di carattere minerario.

Presentazione della domanda di interdizione anticipata

La richiesta di interdizione anticipata può essere inoltrata su istanza del datore di lavoro o su istanza della lavoratrice, per il tramite dell’apposita modulistica reperibile sul sito dell’Ente. Alla domanda, devono essere allegati:

  • la copia del documento d’identità del richiedente;
  • il certificato medico di gravidanza con la data presunta del parto (in caso di interdizione anticipata);
  • l’autocertificazione o il certificato di nascita (in caso di interdizione posticipata).
Attenzione
Nel caso in cui la richiesta di interdizione anticipata sia presentata dal datore di lavoro, quest’ultima deve contenere:
  • la specifica annotazione circa l’impossibilità di adibire la lavoratrice ad altre mansioni sulla base di elementi tecnici attinenti all’organizzazione aziendale;
  • l’indicazione dei lavori faticosi, pericolosi e/o insalubri a cui è sottoposta la lavoratrice, nei termini indicati agli allegati A e B, decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151.
Il datore di lavoro può, altresì, allegare uno stralcio del documento di valutazione dei rischi (DVR) relativo alle lavoratrici gestanti o puerpere, di cui all’art. 11 del medesimo decreto (Allegato C).

 

Istruttoria e valutazione delle istanze

Durante l’istruttoria, l’INL territorialmente competente valuterà la documentazione acquisita e la correttezza dei presupposti legittimanti la richiesta di interdizione ovverosia che concorrano congiuntamente le condizioni sancite dalle lettere b) e c), art. 17, comma 2, T.U., secondo cui:

  • quando le condizioni di lavoro o ambientali siano ritenute pregiudizievoli alla salute della donna e del bambino;
  • quando la lavoratrice non possa essere spostata ad altre mansioni, secondo quanto previsto dagli articoli 7 e 12.

Per quanto attiene la valutazione dei rischi, viene posta particolare attenzione alla presenza di:

  • rumore, radiazioni, vibrazioni, microclima, campi elettromagnetici, microonde, ultrasuoni;
  • fumi di saldatura, vapori di solventi, oli minerali, stampaggio di materie plastiche, sostanze chimiche tossiche, nocive, corrosive o infiammabili;
  • agenti biologici;
  • aggressioni.

Nella fase valutativa, si dovrà verificare se le condizioni di lavoro rientrino tra quelle contemplate agli allegati A, B o C, al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, così come disposto dall’art. 7, comma 1 e 2 e dell’art. 11, comma 1.

Valutazioni del DVR

Ai sensi dell’art. 11, del citato T.U., laddove la lavoratrice sia impiegata in condizioni di lavoro specificatamente individuate all’Allegato C, il datore di lavoro è tenuto a valutare i rischi per la sicurezza e la salute, individuando idonee misure di prevenzione e protezione.

Gli effetti della valutazione del rischio, ai sensi del successivo art. 12, lasciano pochi margini di manovra, di talché “qualora i risultati della valutazione di cui all’art. 11 comma 1 rilevino un rischio per la sicurezza e la salute delle lavoratrici, il datore di lavoro adotta le misure necessarie affinché l’esposizione al rischio delle lavoratici sia evitata modificandone temporaneamente le condizioni o l’orario di lavoro”.

Altresì, nel caso in cui detta modifica non sia possibile per motivi organizzativi o produttivi, il datore di lavoro è tenuto a dare immediata informazione scritta all’Ispettorato Territoriale del Lavoro competente, affinché venga disposta l’interdizione dal lavoro, ai sensi dell’art. 7, comma 6, durante tutto il periodo della gravidanza e fino a sette mesi di età del figlio.

Nota Bene
L’INL, richiamando la precedente nota prot. n. 6584 del 28 novembre 2006, del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, ha evidenziato che lo spostamento ad altra mansione non può intendersi in senso assoluto. In particolare, quindi, la mansione astrattamente reperibile non deve risultare, in concreto, onerosa per la lavoratrice e, al contempo, poco utile per l’organizzazione aziendale.
Sul punto, la successiva nota ministeriale n. 7553/2013 ha altresì chiarito che detto potere valutativo è “esclusivo” del datore di lavoro, quale unico soggetto in grado di conoscere l’effettiva organizzazione aziendale. In definitiva, dunque, la possibilità di adibire la lavoratrice ad altre mansioni, anche inferiori, compete in via esclusiva al datore di lavoro.
Ne deriva che l’eventuale accertamento da parte dell’Ufficio, teso a verificare la veridicità di quanto asserito dal datore di lavoro in ordine alla impossibilità di spostamento ad altra mansione, deve essere considerata circostanza eccezionale, legata alla particolarità della singola fattispecie, e l’eventuale provvedimento di diniego dovrà essere debitamente motivato.

 

Emissione del provvedimento

Il provvedimento di interdizione ante e post partum, ai sensi dell’art. 18, comma 7, decreto del Presidente della Repubblica 25 novembre 1976, n. 1026, deve essere emanato entro il termine di sette giorni dalla ricezione della documentazione completa, che costituisce presupposto necessario affinché la lavoratrice si astenga dal lavoro.

Nota Bene
Il termine di sette giorni per l’adozione del provvedimento di interdizione decorre dal giorno successivo a quello di ricezione della documentazione completa, ovvero dal giorno successivo alla ricezione dell’eventuale documentazione integrativa, nelle ipotesi in cui vi sia una specifica richiesta.

L’effettiva astensione dal lavoro decorrerà dalla data di adozione del provvedimento e non già dalla data di presentazione della domanda.

Il provvedimento dovrà essere trasmesso dall'Ufficio territorialmente competente alla lavoratrice, al datore di lavoro e, ove occorra, all'Istituto assicuratore, ai fini del trattamento economico.

Nel caso in cui l’Ufficio ritenga di non dover accogliere la richiesta di interdizione ante o post-partum, comunicherà i motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza, ai sensi dell’art. 10-bis legge n. 241/1990.

Entro l’ulteriore termine di dieci giorni dal ricevimento della comunicazione inerente ai motivi ostativi di concessione, la lavoratrice potrà presentare per iscritto le proprie osservazioni e, in caso di mancato accoglimento, l’Ente sarà tenuto a comunicare il provvedimento finale di diniego indicandone i relativi motivi.

Se le osservazioni della lavoratrice contengono, invece, elementi di pregiudizio per la salute della stessa, l’ITL potrà valutare una specifica attività ispettiva, volta a verificare l’eventuale incompatibilità della mansione e/o dell’ambiente di lavoro per il conseguente provvedimento di accoglimento.

QUADRO NORMATIVO

Decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151.

INL – Nota 8 luglio 2025, n. 5944

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