Operazioni inesistenti desunte da pagamenti precedenti all’emissione delle fatture

Pubblicato il 05 ottobre 2017

La Corte di cassazione ha accolto le ragioni dell’amministrazione finanziaria contro una decisione con cui la CRT aveva ritenuto parzialmente illegittimo l’avviso di accertamento emesso a carico di una contribuente, in considerazione di costi relativi ad operazioni soggettivamente inesistenti.

La decisione di merito

Secondo i giudici di secondo grado, l'Ufficio, a sostegno della propria tesi, aveva fatto riferimento ad una serie di circostanze da cui però si poteva solamente ricavare l’esisteva di un rapporto commerciale tra la contribuente e altra società e non già che i due soggetti avessero ideato un meccanismo fraudolento.

Mancava, ossia, per la Commissione tributaria, la sufficiente dimostrazione che quest’ultima società fosse realmente un ente fantasma, privo di struttura organizzativa e commerciale, di sede e di mezzi finanziari, posto che l'assenza di tali elementi è condizione indispensabile per provare la inesistenza dell'operazione.

Il giudizio della Cassazione

La Suprema corte, tra gli altri motivi, ha accolto la doglianza dell’amministrazione secondo cui la CTR aveva omesso di esaminare, con il dovuto rigore logico, gli elementi di prova addotti dall'Ufficio a sostegno del recupero d'imposta.

Tra questi, oltre alla circostanza che l'apparente società cedente si mostrava priva di qualsiasi struttura e capacità operativa, il fatto che i pagamenti tra i due soggetti risultavano effettuati vari giorni prima dell'emissione della fattura.

Ripartizione dell’onere probatorio

E la Cassazione, sul punto, ha ricordato il principio più volte affermato dalla stessa giurisprudenza di legittimità, ai sensi del quale, “qualora l'Amministrazione finanziaria contesti al contribuente l'indebita detrazione di fatture ai fini Iva e di imposte dirette, in quanto relative ad operazioni inesistenti, spetta all'Ufficio fornire la prova che l'operazione commerciale, oggetto della fattura, non è mai stata posta in essere, ovvero non è stata posta in essere tra i soggetti indicati nella fattura, indicando gli elementi anche indiziari sui quali si fonda la contestazione anche in merito alla conoscenza ovvero alla conoscibilità della fittizietà delle operazioni da parte del cessionario/committente che richiede la detrazione”.

In detto contesto – continua la Corte nell'ordinanza n. 23166 del 4 ottobre 2017  - è onere del contribuente provare la fonte legittima della detrazione o del costo altrimenti indeducibili e la mancanza di consapevolezza di partecipare ad un'operazione fraudolenta.

Inoltre, la regolarità formale delle scritture o le evidenze contabili dei pagamenti non sono elementi sufficienti a questo fine, trattandosi di “dati e circostanze facilmente falsificabili”.

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