Con la sentenza n. 25167 del 9 luglio 2025, la Corte di Cassazione si è pronunciata in tema di responsabilità penale per dichiarazioni fiscali fraudolente, con riferimento alla prassi dell’utilizzo di contratti di appalto impiegati per occultare somministrazioni irregolari di manodopera.
La vicenda trae origine dalla condanna di un imprenditore, in qualità di amministratore unico di una società a responsabilità limitata, per il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti, previsto dall’art. 2 del D.Lgs. n. 74/2000.
In primo grado, il Tribunale aveva ritenuto che il contratto d’appalto stipulato dalla società fosse in realtà fittizio, utilizzato per mascherare una somministrazione irregolare di manodopera.
La condanna era stata confermata dalla Corte d'Appello, la quale aveva considerato le fatture emesse nell’ambito del suddetto contratto come riferite a operazioni oggettivamente inesistenti.
Il giudizio si è dunque incentrato sulla validità del contratto d’appalto, sul ruolo delle fatture emesse e sulla qualificazione giuridica dei rapporti sottostanti, ai fini dell’integrazione della fattispecie penale contestata.
La posizione dell’imputato e il ricorso per cassazione
Nel ricorso per cassazione, la difesa dell'imputato ha sostenuto la validità del contratto d’appalto, già riconosciuta da una sentenza irrevocabile. Ha inoltre lamentato l’insufficiente considerazione delle prove testimoniali favorevoli e la mancata motivazione sull’assenza del dolo specifico di evasione fiscale.
Annullamento con rinvio per carenza motivazionale
La Corte di Cassazione ha disposto l’annullamento con rinvio della decisione della Corte d’Appello, ravvisando un vizio di motivazione in relazione all’elemento soggettivo del reato contestato, ossia il dolo specifico di evasione fiscale.
La Suprema Corte ha evidenziato l’assenza di una valutazione sufficientemente dettagliata circa l’effettiva finalità elusiva perseguita dall’imputato, richiamando l’obbligo di una motivazione “stringente” nei casi in cui le operazioni economiche, pur formalmente lecite, vengano riqualificate come fittizie.
Per la configurazione del reato - ha evidenziato la Corte - non è necessario il conseguimento effettivo dell’evasione, ma è richiesta una motivazione puntuale e coerente sull’intento elusivo, da ricostruire attraverso un’adeguata istruttoria.
Appalto e somministrazione: rilievo penale della riqualificazione
La Corte ha poi affrontato la questione della natura del contratto contestato, evidenziando che la riqualificazione dell’appalto in somministrazione illecita di manodopera può avere rilevanza sia tributaria che penale.
In particolare, se il contratto d’appalto è solo formalmente tale e viene in realtà utilizzato per occultare una somministrazione irregolare, si configura un negozio giuridico apparente, con implicazioni penali laddove si accerti l’intento evasivo.
Effetti distorsivi e illeciti connessi alla somministrazione irregolare
La decisione richiama inoltre l’attenzione sugli effetti ulteriori derivanti dalla somministrazione illecita, tra cui:
Tali conseguenze aggravano il disvalore della condotta e impongono, secondo la Corte, un esame ancora più attento del dolo specifico da parte del giudice di merito, al fine di garantire il corretto accertamento del reato contestato.
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