Autoriciclaggio: l'intervenuta tracciabilità delle operazioni non esclude il reato

Pubblicato il 10 dicembre 2021

Nuova pronuncia della Suprema corte in tema di integrazione del reato di autoriciclaggio.

L'intervenuta tracciabilità, per effetto delle attività di indagine poste in essere dopo la consumazione del reato, delle operazioni di trasferimento delle utilità provenienti dal delitto presupposto del reato di autoriciclaggio non esclude l'idoneità "ex ante" della condotta ad ostacolare concretamente l'identificazione della loro provenienza delittuosa.

Ai fini dell'integrazione del reato di autoriciclaggio, infatti, non occorre che l'agente ponga in essere una condotta di impiego, sostituzione o trasferimento del denaro, beni o altre utilità che comporti un assoluto impedimento alla identificazione della provenienza delittuosa degli stessi, essendo, al contrario, sufficiente una qualunque attività, concretamente idonea anche solo ad ostacolare gli accertamenti sulla loro provenienza.

Occorre, comunque, che l'ostacolo alla identificazione della provenienza delittuosa del bene sia "concreto", così come prescrive la norma incriminatrice.

In tale contesto, il necessario accertamento in ordine alla concreta idoneità della condotta dell'agente ad ostacolare l'identificazione della provenienza delittuosa dei beni non può che essere rimessa al giudice del merito, dipendendo dalla valutazione specifica della dinamica del caso concreto.

Sono questi i principi richiamati dalla Corte di cassazione nel testo della sentenza n. 45397 del 9 dicembre 2021, pronunciata in rigetto del ricorso promosso da due indagati avverso la misura interdittiva loro applicata, consistente nel divieto di esercitare le rispettive professioni per un anno.

La misura era stata disposta in quanto, secondo la prospettazione accusatoria, gli stessi avevano interferito illecitamente nell'ambito di una procedura fallimentare, turbando occultamente la regolarità della vendita delle quote di una società.

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