Licenziamento disciplinare per mancato rispetto dell’orario: la Cassazione conferma la legittimità.
La Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con ordinanza n. 12305 del 9 maggio 2025, ha rigettato il ricorso di una lavoratrice licenziata per giusta causa, confermando la legittimità del provvedimento datoriale basato sul reiterato mancato rispetto dell’orario di lavoro.
La lavoratrice, impiegata con contratto part-time, era stata destinataria di licenziamento per giusta causa, motivato dal datore di lavoro con riferimento a una assenza ingiustificata.
In particolare:
Tale condotta, già preceduta da episodi analoghi, era stata sanzionata più volte e considerata, nel suo complesso, grave e reiterata, giustificativa della risoluzione del rapporto ex art. 2119 c.c.
La riduzione dell’orario da 30 a 28,5 ore settimanali, disposta senza variazione retributiva, rientrava nell’ambito del contratto collettivo applicato (CCNL Terziario).
Secondo la lavoratrice, tale riduzione doveva essere collocata a fine turno del sabato (ossia con termine anticipato alle 12:30), mentre il datore l’aveva collocata all'inizio della giornata, mantenendo tuttavia la fascia oraria 9:00-14:00 prevista dall’ultimo accordo scritto.
La pretesa della lavoratrice di determinare unilateralmente l’orario è stata ritenuta non supportata da alcun accordo individuale (né scritto, né orale, né per fatti concludenti).
La Corte di Cassazione ha confermato le motivazioni della Corte d’Appello, che aveva evidenziato due profili di legittimità autonomi e concorrenti.
Condotta datoriale conforme agli obblighi contrattuali
In primo luogo, la condotta del datore di lavoro risultava conforme agli obblighi contrattuali. In particolare, la rimodulazione dell’orario di lavoro era stata preceduta da una fase di confronto tra le parti, conclusasi senza esito positivo. In assenza di un accordo, la società aveva legittimamente esercitato il proprio potere organizzativo, adottando una soluzione compatibile con le esigenze aziendali. Inoltre, la lavoratrice non aveva fornito prova dell’esistenza di un diritto, contrattuale o pattizio, che le attribuisse una collocazione oraria preferenziale.
Irrilevanza dell’eventuale inadempimento aziendale
Anche nell’ipotesi in cui si fosse qualificata la condotta datoriale come un parziale inadempimento — in particolare, l’anticipazione dell’orario di lavoro di un’ora e mezza nella sola giornata del sabato — tale circostanza non sarebbe stata comunque sufficiente a giustificare la reazione della lavoratrice, consistita nell’allontanamento ingiustificato dal posto di lavoro.
Secondo i giudici, non risultavano integrati i presupposti per l’applicazione dell’articolo 1460 del Codice civile, relativo all’eccezione di inadempimento, non potendosi ritenere proporzionata né legittima l’autotutela posta in essere dalla dipendente.
La Corte ha così escluso sia l’illegittimità del comportamento aziendale, sia la proporzionalità della reazione della lavoratrice, confermando in via definitiva la legittimità del licenziamento disciplinare.
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