I CdL ed i dubbi sull’interpretazione ministeriale relativa ai contratti di prossimità

Pubblicato il 11 dicembre 2014 Con parere n. 6 del 9 dicembre 2014, la Fondazione Studi dei CdL sostiene che l’interpretazione ministeriale contenuta nell’interpello n. 30/2014 - secondo cui i contratti di prossimità non possono rimuovere del tutto i limiti quantitativi previsti dalla legislazione o dalla contrattazione nazionale per i contratti a termine, ma esclusivamente prevederne una diversa modulazione - sia in contrasto con l’art. 8 del D.L. n. 138/2011 (convertito da Legge n. 148/2011) e con la Direttiva 1999/70/CE, relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato.

In pratica, per il Ministero del Lavoro la contrattazione di prossimità potrà intervenire soltanto in una variazione che rispetti il limite del 20% in un parametro medio temporale.

Tale assunto è per i CdL grave in quanto:
  
- genera confusione, stante l'indecifrabilità giuridica del concetto “diversa modulazione”;

- depotenzia l’istituto del contratto di prossimità, riducendo ulteriormente la possibilità di stipulare contratti a tempo determinato;

- interpreta la norma in modo tale da mettere in discussione la contrattazione di prossimità sino ad oggi sottoscritta, ponendosi come un’interpretazione autentica e ciò potrebbe creare notevoli difficoltà dal punto di vista dell'applicazione dell’apparato sanzionatorio;

- in termini sociali e politici, sembra essere in controtendenza con quanto pubblicizzato dal Governo in tema di effetto propulsivo del Jobs Act, atteso che l’interpretazione ministeriale è in contrapposizione con l’aumento dell’occupazione.

La Fondazione conclude il parere evidenziando come il richiamo alla norma comunitaria sia fuori luogo, in quanto la tutela del lavoro a tempo indeterminato è già garantita dal termine dei 36 mesi che circoscrive l’ambito temporale di utilizzabilità del contratto a tempo determinato nel contesto del rapporto lavorativo individuale.

Il limite quantitativo riguarda, invece, un aspetto aziendale costituito da una pluralità di rapporti e, come tale, non interessato dalla menzionata norma comunitaria.
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