La Cassazione sul danno morale da perdita del congiunto a seguito di trasfusioni

Pubblicato il 15 luglio 2011 La Corte di cassazione, con la sentenza n. 15354 del 14 luglio 2011, ha accolto il ricorso presentato dai prossimi congiunti di un uomo che era morto per le malattie contratte in conseguenza di undici emotrasfusioni a cui era stato sottoposto dopo un incidente. I congiunti avevano instato al fine di vedersi riconoscere il risarcimento del danno morale subito a seguito del decesso del parente ma, sia in primo che in secondo grado, si erano visti rigettare la loro domanda.

Così, dinanzi alla Corte di legittimità, gli stessi avevano lamentato una violazione degli articoli 2043 e 2050 Codice civile e difetto di motivazione in relazione alla valutazione della consulenza tecnica d'ufficio in ordine all'esclusione della responsabilità del personale sanitario “secondo un criterio di normalità”.

E tale censura è stata condivisa dalla Cassazione la quale ha sottolineato che il personale medico, indipendentemente dalla specifica conoscenza, all'epoca dei fatti, del virus Hcv, ben poteva rilevare, sulla base di più datati parametri scientifici, “la non idoneità del sangue ad essere oggetto di trasfusione”. Anche prima della Legge 107/1990, – precisa la Corte - sussisteva a carico del ministero della Salute un obbligo di vigilanza.
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