Misura interdittiva confermata nonostante la costituzione di riserva indisponibile

Pubblicato il 09 gennaio 2014 Accogliendo il ricorso presentato dal Pubblico ministero avverso la decisione di merito, la Corte di cassazione, con la sentenza n. 326 dell'8 gennaio 2014, ha annullato il provvedimento di revoca della sanzione interdittiva della sospensione dell'attività che era stata disposta nei confronti di una società accusata ai sensi del decreto legislativo n. 231/2001.

La revoca era stata statuita dal Tribunale di Pistoia, in funzione di giudice di appello, in virtù della messa a disposizione, da parte della società, di una riserva indisponibile di 120.000 euro, certificata dal collegio sindacale, destinata al risarcimento del danno della parte offesa dal reato societario.

Per la Seconda sezione penale di Cassazione, tuttavia, anche la previsione nel bilancio della società del fondo di accantonamento, nella forma di riserva indisponibile certificata dal collegio sindacale, non garantiva, in ogni caso, "l'efficacia del risarcimento" per le possibili incerte vicende societarie, tanto che la somma accantonata, rimasta sempre nel possesso materiale e nella disponibilità, pur condizionata, dell'ente, avrebbe potuto, in caso di perdita o di decozione della società, "volatilizzarsi, ridursi, esemplificando in caso di fallimento, per i concorrenti crediti di altri”.

Diversamente opinando – si legge nel testo della decisione - “verrebbe frustrata la volontà della legge che pretende, per la revoca della misura interdittiva, la effettiva, attuale integrale, hic ed nunc, condotta risarcitoria”.
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