Per escludere l'equa riparazione va data prova della temerarietà della lite

Pubblicato il 14 settembre 2011 Con sentenza n. 18745 del 13 settembre 2011, la Corte di cassazione ha ribaltato la decisione con cui i giudici di merito avevano escluso che potesse essere riconosciuto il diritto ad un'equa riparazione per le lungaggini di un processo amministrativo instaurato da un cittadino nell'ambito di una lite ritenuta “temeraria”.

I giudici della Prima sezione civile hanno, in proposito, sottolineato come il diritto all'equa riparazione di cui all'art. 2 della legge n. 89 del 2001 in caso di violazione del termine di durata ragionevole del processo, “spetta a tutte le parti del processo, indipendentemente dal fatto che esse siano risultate vittoriose o soccombenti, e dalla consistenza economica o dall'importanza sociale della vicenda, a meno che l'esito del processo presupposto non abbia un indiretto riflesso sull'identificazione, o sulla misura, del pregiudizio sofferto dalla parte in conseguenza dell'eccessiva durata della causa, come quando il soccombente abbia promosso una lite temeraria, o abbia artatamente resistito in giudizio al solo fine di perseguire l'irragionevole durata di esso, o comunque quando risulti la piena consapevolezza dell'infondatezza delle proprie istanze o della loro inammissibilità”.

In dette ultime situazioni, tuttavia, la parte che le eccepisce è tenuta a darne prova “per negare la sussistenza dell'indicato danno, dovendo altrimenti ritenersi che esso si verifica di regola come conseguenza della violazione stessa, e che non abbisogna di essere provato neppure a mezzo di elementi presuntivi”.
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